Ed eccomi qui col primo articolo per la mia rubrica, si parla di quello che
ha coronato le più recenti politiche riguardo ai beni culturali. Buona lettura
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura […], tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
O, almeno, è quello che costituzionalmente è chiamata a fare, tramite tutti i controlli e i mezzi atti al raggiungimento di tale obiettivo, eppure ciò che in questi ultimi mesi è capitato al patrimonio artistico e culturale italiano non sembra molto coerente con questo dettame!
Il pensiero va subito al recentissimo crollo, il 6 novembre, della Schola Armatorum negli scavi di Pompei, ma un altro “incidente” altrettanto importante è avvenuto già il 30 marzo 2010, con la caduta della volta d’ingresso di una delle gallerie che portava alle Terme Traianee, crolli, questi, che pongono l’accento su quanto poco, effettivamente, si sia fatto per i beni culturali! Certo, fa uno strano effetto vedere monumenti in piedi da millenni, che han superato qualunque difficoltà, ma non sono sopravvissuti, a quanto pare, all’assurda gestione di questi anni. Un continuo crollo, non solo materiale, favorito dalle politiche di un ministero che sempre più sembra difendere l’in-cultura!
Fortuna ha voluto che tali incidenti non abbiano arrecato danni ad eventuali turisti, eppure questi eventi non sono altro che una «vergogna per l’Italia», così come dichiarato dal Capo dello Stato esigendo spiegazioni «al più presto e senza ipocrisie». Il ministro competente non ha potuto che affermare di aver fatto il proprio «dovere, anche contro i tagli alla cultura» cosa che appare oltremodo curiosa, contando che già a fine maggio, quando si parlò dell’eliminazione dei fondi pubblici a bene 232 enti culturali nazionali, il ministro aveva dichiarato «Avrei voluto poter concertare dove intervenire e in che modo per ridurre le spese. Mi rammarico che ciò non sia avvenuto».
Ci si chiede, allora, la cultura doveva necessariamente essere asservita a logiche economiche? Nelle leggi finanziarie e nei decreti a tematiche economiche era davvero impossibile riconoscere qualcosa di diverso della cultura come “di troppo”? Infine, ultima domanda, mettere in sicurezza il patrimonio artistico e culturale nazionale, che porta miliardi di euro all’anno allo stato, è davvero uno spreco inutile, come sembra esser stato interpretato dalle manovre finanziare degli ultimi anni?
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