Il termine ribaltone è ormai parte del linguaggio politico italiano; fece il suo debutto in un freddo dicembre del 94, quando la Lega Nord ruppe il patto di governo con Berlusconi, causandone la caduta. Corsi e ricorsi storici, Berlusconi riparlerà di ribaltone nel 98, quando diversi eletti nelle sue liste accordarono la fiducia al Governo D’Alema I. E di nuovo oggi si parla di ribaltone, in vista di un governo tecnico con il compito di portare il paese a nuove elezioni con una legge elettorale che cancelli la calderoliana invenzione del Porcellum, o comunque la nascita di un governo che goda di una maggioranza diversa da quella designata dall’elettorato.
Questo termine, per i fini costituzionalisti o per chi ha sempre filtrato le notizie attraverso le lenti della Costituzione, può dire ben poco o niente, ma è necessario ricorrere a un po’ di storia contemporanea per spiegare, almeno razionalmente, i perché dell’uso del termine. Dobbiamo risalire al referendum del ’93, quando i referendari guidati da Segni riuscirono ad abolire la quota del 65% per l’elezione maggioritaria diretta dei senatori, per portarla alla semplice maggioranza relativa. Si rese quindi necessario introdurre una nuova legge elettorale che rispettasse i criteri maggioritari emersi dal referendum, ed è così che naque il “Mattarellum”.
La nuova legge elettorale prevedeva una quota maggioritaria del 75% da assegnare sulla base di collegi uninominali con formula plurality, ovvero l’assegnazione del seggio al candidato che avesse ottenuto una maggioranza relativa nel collegio. L’apprendimento dei partiti in lizza per il governo ha portato a un’importante cesura rispetto alle strategie elettorali della I repubblica. Difatti, i partiti, per massimizzare i seggi, hanno stipulato accordi pre-elettorali, formando le coalizioni. L’innovazione consiste nel fatto che l’alternanza era possibile, presendandosi sempre due coalizioni che si contendevano Palazzo Chigi, e che all’elettore era chiaro sin da subito quale fosse il Presidente del Consiglio designato. Anche con il Porcellum questa innovazione non è venuta meno, anzi, è stata addirittura ribadita facendo sottoscrivere ai partiti facenti parte della coalizione il cosiddetto “patto coalizionale”, ed erano previste forti agevolazioni per i partiti che entravano in una coalizione in termini di soglie di sbarramento.
Quello che si desume quindi è che rispetto alla I repubblica, l’elettore sceglieva sin da subito il Presidente del Consiglio, anche perché l’accordo fra le forze politiche era precedente le elezioni e non successivo. Di conseguenza, in letteratura, la volontà popolare sembrava dare adito a un “premierato”, peraltro cercato d’introdurre nella bocciata riforma costituzionale del 2005. Ovviamente il più grande fan di questa forma di governo è Berlusconi, molto capace ad attrarre le masse elettorali, molto intollerante ai “giochi di palazzo”. Ma viene utile ora ricordare cosa prevede la Costituzione: la Carta non stabilisce che l’elettorato debba designare direttamente il capo del governo, ma deve selezionare i rappresentanti che poi eleggeranno l’esecutivo; in altre parole non consente di eleggere direttamente l’esecutivo, e permette altresì che un un diverso governo possa assumere l’incarico nella stessa legislatura, qualora abbia la fiducia dei due rami del Parlamento. Già Calderoli con la sua legge elettorale cercò di rendere il vincolo della coalizione come “sacro”, ma i limiti del dettato costituzionale glielo impedirono.
E’ ora facilmente spiegabile perché Berlusconi parli di ribaltone; considerando il sistema vigente, ritiene che debba governare chi è stato premiato dall’elettorato. Anche negli ambienti di destra si respira la stessa aria, additando i transfughi come traditori. Non sta al latore dell’articolo esprimersi sulla convenienza o sulla correttezza di queste scelte, ma non può dirsi che, come in tutte le cose dell’umana gente, anche questo concetto è molto vicino ai mourinhani canoni della “prostituzione intellettuale”
Nel caso attuale infatti, Berlusconi parla di ribaltone rivolgendosi al presunto governo tecnico che può nascere in seguito alla sfiducia del suo esecutivo, con i voti dei parlamentari di Fli eletti tra le file del Pdl. Ma la politica è quella scienza che più corre veloce fra tutte, cambiando regole e scenari nel giro di poche ore. Infatti è notizia recente del probabile voto a favore dei radicali, eletti nelle file del PD, di Calearo, capolista per il PD nella Circoscrizione Veneto 1 nonché del voto a favore di due deputati dell’Italia dei Valori.
Mutatis mutandis, questi deputati sono stati eletti per favorire un certo leader di governo; non si tratterebbe di “giochetti di palazzo” o di contro-ribaltoni? Non ci sarebbe nulla da eccepire, la Costituzione lo permette. Ma è lecito chiedersi perché Berlusconi in questo caso non dimostri la sua allergia per la vecchia politica, per la partitocrazia, per i giochi di palazzo? Sarà perché sa con che carta sono stati pagati questi “ribaltabili”? Certo, un mezzo di scambio come il denaro giustifica anche le transazioni più illogiche, come appunto eventuali nuove intese politiche per il bene del paese. I latini dicevano: “pecunia non olet”, ma il calciomercato democratico è un olezzo in calce sulla parola “democrazia”
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