Dopo l’incetta di elenchi fatta a Vieni via con me, è ora che anche io faccia il mio. L’elenco dei motivi che mi fanno sentire di Sinistra, con la testa e con il cuore. Delle ragioni per cui credo che il progressismo sia l’unica strada laica e politica alla felicità. Il diritto al perseguimento della felicità è l’aspetto più bello della costituzione americana, rammenta l’obiettivo più alto della politica che, tuttavia, non può essere erogato dalla burocrazia statale, alla stregua di un assegno di invalidità. Lo Stato dovrebbe mettere ogni persona nelle condizioni di potere aspirare alla felicità, il raggiungerla sta però ad ognuno di noi, in base alle nostre inclinazioni, capacità, desideri.Il compito storico intrinseco alla Sinistra è proprio questo: rendere universale il benessere, la conoscenza, quindi la felicità.
“Da ognuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”, lo disse Marx, ma lo avrebbe potuto dire anche JFK o Tony Blair.Questa grande utopia a cui è necessario romanticamente tendere è il cuore pulsante del socialismo, spogliato di qualsiasi connotazione spazio-temporale. Non esiste uguaglianza senza merito, ma nemmeno merito senza uguaglianza. Azzerare o quasi i fondi per il diritto dello studio e riempirsi la bocca di “meritocrazia” è ipocrisia allo stato puro, è un tradimento dei valori costituzionali. La scuola dei miei sogni non è basata su una sorta di darwinismo delle conoscenze, ma sull’inclusione, sulla coltivazione dei migliori non in chiave meramente competitiva, ma perché le menti più fini sono quelle che hanno i mezzi per costruire un mondo più equo e solidale. Da ognuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni, appunto.
La Sinistra nuova, quella del ventunesimo secolo deve prendere il meglio del suo passato e proiettarsi con slancio nel mondo globalizzato. Chi è progressista non può essere no-global: seppure all’interno di un sistema economico ingiusto, la condizione di interdipendenza tra gli individui è quella migliore per attuare in senso universale i valori di pace, giustizia, libertà . La dimensione mediatica non è propria solo di B, ma è anche di Obama, Jualiane Assange, Aung San Suu kyi, e di tutti coloro che lottano per un cambiamento che è per antonomasia di sinistra.La Sinistra in cui credo sta con Yoani Sanchez non con Fidel Castro, con i i monaci del Tibet non con l’ateo regime comunista cinese. Sta con i più deboli, sempre e comunque, con chi è oppresso, da un regime sia anche questo d’ispirazione marxista, dalla morale e da leggi bigotte, penso ad esempio alle lesbiche e ai gay dell’Uganda che ogni giorno per il loro amore rischiano la morte.
La Sinistra del mio cuore ha le sue radici più profonde nel cristianesimo, in quella straordinaria figura, Gesù, che diceva “gli ultimi saranno i primi”, ma anche “date a Cesare quel che è di Cesare”. Estremamente rivoluzionario, altro che i moderati del Polo della Nazione.
La Sinistra dovrebbe avere rispetto di tutte le fedi religiose, purchè queste non vogliano dettare legge anche su chi non crede. Ma ha anche il dovere di dire che l’immagine della donna proposta dall’Islam e dalla Bibbia non è l’unica possibile. La Sinistra che io voglio con la testa è politicamente scorretta.
Se la Sinistra non difende i più deboli, gli oppressi, i poveri, le minoranze di tutto il mondo non assolve al suo dovere di forza progressista universale. Tanto vale stare a destra, allora.
Daniel Rustici
Da ognuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”, lo disse Marx, ma lo avrebbe potuto dire anche JFK o Tony Blair.
Caro Daniele, l’uso che fai del condizionale non è grammaticalmente corretto: il condizionale vuole un “se”. E Blair o JFK lo avrebbero potuto dire SE non fossero stati Blair e JFK.
Penso che uno dei più grandi errori della politica in generale e della c.d. sinistra in particolare sia questa ossessiva ricerca delle personificazione del bene e del male. Marx non è mai stato una persona ma un pensatore (infatti non è mai stato manco amministratore di condominio). Ci ha lasciato un metodo di interpretazione della realtà, di analisi dei fenomeni, tutta una strumentazione che viene impiegata con grande scrupolo da parte di chi comanda ed invece cestinata come “ideologia” da chi i processi li subisce e tende ad una delega irresponsabile. Il delegato così (cioè il politico eletto) non va (spesso proprio in senso stretto) a rappresentare una visione e dunque un’azione conforme a quella visione, bensì – nel migliore dei casi – degli interessi (magari anche quelli che in quel momento sono giusti) astratti da una visione complessiva.
Per decidere chi sono i poveri, gli oppressi, gli emarginati, troppo spesso guardiamo alla dichiarazione dei redditi e troppo poco alla dinamica economico-sociale reale, troppo spesso badiamo a ciò che fa clamore e troppo raramente a ciò che serve. Se non troveremo il luogo dove riflettere, ragionare, capire, lontani dai rumori elettorali, referendari, pubblicitari, non sapremo più cosa fare.