Una Piccola, Semplice Storia

 

di Domenico Calabria, via “Qualcosa di Sinistra DILLA TU!”

Novant’anni fa, il 21 Gennaio 1921, nasceva in Italia il Partito Comunista, il “vecchio” PCI.

Importanti iniziative si stanno svolgendo per ricordare l’evento con grandi mostre in cui – attraverso immagini e documenti storici – vengono raccontate storie di grandi uomini di un partito che, comunque la si pensi, ha fortemente influito e contribuito alla costruzione della nostra democrazia.

La storia del PCI è fatta, però, anche da storie semplici di gente semplice che nelle piccole sezioni di paese ha trovato amici, confronto e conforto. Da queste piccole storie spesso sono maturate grandi lotte di giustizia e legalità, qualche volta sfociate in tragedia.

Così è avvenuto in Calabria dove, per decenni, la lotta politica alla ‘ndrangheta è stata affidata quasi esclusivamente ad alcuni coraggiosi militanti del PCI. Piccoli grandi eroi oggi dimenticati, così come è dimenticata o stravolta nell’Italia di oggi l’intera storia del Partito. Perciò abbiamo il dovere di raccontare alle giovani generazioni ciò che è stato, far loro respirare l’aria di quelle stanze che, pur se malsana per il fumo e la polvere, racchiudeva sani valori e saldi principi. L’esatto contrario dei salotti di oggi.

A Peppino Valarioti, Giannino Losardo, Rocco Gatto, Ciccio Vinci e ai tanti altri che con coraggio si sono battuti per la giustizia nella Calabria di quegli anni, va il pensiero e la dedica di una piccola semplice storia.

UNA PICCOLA, SEMPLICE STORIA
Piccola stanza piena di fumo, vecchi manifesti di Lenin ingialliti ma “intoccabili”, accanto alla stampa con il ritratto di Berlinguer e, poco più in là, il grande simbolo con la falce e il martello e la scritta “VOTA P.C.I.”. Vecchie sedie in legno disposte confusamente lungo le pareti ed altre in plastica bianca, da usare per le grandi occasioni, accatastate in un angolo. Il grande tavolo del segretario è coperto da un grande panno rosso che lo ricopre interamente per nasconderne il suo stato pietoso. Nella stanzetta accanto (quella con le piastrelle perché un tempo era stata una cucina) i pannelli ammassati con le foto della mostra utilizzati all’ultima festa dell’Unità, i manifesti arrotolati, buoni per ogni stagione e i fac-simile dell’ultima campagna elettorale da utilizzare come carta per appunti durante le riunioni. Dietro una porta che non si riesce a chiudere, un piccolo bagno maleodorante con il vaso e il lavabo sotto cui ci sono i secchi da riempire con l’acqua e la colla in polvere da versare lentamente, mescolando con un pezzo di legno ricavato da un manico di scopa spezzato.

Al giovane compagno è stata consegnata una copia della chiave della porta d’ingresso principale con l’incarico di aprire ogni pomeriggio. Se ne compiace per la fiducia che gli “anziani” gli hanno riposto per un compito che ha un senso anche se nessuno dei compagni si farà vivo: bisogna comunque far vedere la porta aperta e la luce accesa perché altri sappiano che il partito c’è ed è attivo.

Entra l’anziano operaio che ha appena terminato la sua dura giornata di lavoro, con gli abiti ancora sudici. Ha la tessera dal 1948 e non perde occasione per mostrarla orgoglioso ai giovani della FGCI. Arriva il segretario, un omone dalla faccia buona ma dallo spirito battagliero. Deve preparare il suo intervento in consiglio comunale: stavolta ha l’intenzione di denunciare pubblicamente i soprusi della ‘ndrangheta di cui nessuno parla se non sottovoce al bar della piazza, mai nella sede comunale. Aspetta che arrivino gli altri fedelissimi e aspetta soprattutto il giovane compagno universitario; sono in gamba questi giovani: combattivi, anche se un po’ troppo irruenti, con nuove idee e un nuovo linguaggio che spesso si scontra con quello crudo dei compagni “storici”. Lo aiuterà ad elaborare un intervento deciso ma chiaro, che faccia capire a tutti da quale parte si schierano i comunisti, senza compromessi.

Arrivano gli altri. Qualcuno solleva qualche dubbio sull’iniziativa cercando il più possibile di mascherare la paura. La discussione si accende ma alla fine la decisione sarà una, e fuori da quella porta nessuno saprà chi ha avuto tentennamenti.

La decisione è presa: si va avanti, bisogna ribellarsi alla prepotenza e convincere tutti a non aver paura.

Si torna a casa. Il giovane compagno chiude la porta conservando gelosamente la chiave. L’universitario è soddisfatto per i complimenti ricevuti. L’anziano operaio si avvia stanco verso casa dove lo aspetta la moglie con un pasto caldo. Il segretario ripassa e anticipa il suo intervento nella sua mente, escogitando piccoli espedienti affinché non traspaia il minimo segno di paura di cui altri se ne compiacerebbero. Dovrà nascondere quella stessa paura anche davanti alla moglie e al piccolo figlio, consapevole che il rischio vale la soddisfazione per aver contribuito a lasciare anche a lui una Calabria migliore.

18 commenti su “Una Piccola, Semplice Storia”

  1. bellisima storia d’altri tempi e’ spiacevole dover dire la la vera politica e’ finita da tempo la favolosa “QUESTIONE MORALE ” DEL GRANDE ENRICO bERLINGUER e’ finita nel dimenticatoio oggi si pensa piu’ al Dio denaro che alla politica in se stesso.Ma noi continueremo a lottare ed a riportare i grandi valori della politica.Grazie Enrico

  2. Lauraelisa, questo è un articolo scritto da un compagno che vive in Calabria e che ha voluto rendere pubblica, per l’appunto, “una piccola, semplice storia” di quotidiano impegno civile contro la ‘ndrangheta, in ricordo dei tanti compagni del PCI che sono caduti combattendola. Che c’entra ora Pisapia e Milano? EB.IT STAFF

  3. Sono entrato nella FGCI nel 1970, e negli anni ho conosciuto tante persone – tutte tra loro differenti – che si battevano per degli ideali di democrazia, pace, libertà e giustizia sociale. Tra loro Dolores Ibarruri la Pasionaria, Rafael Alberti, il primo sindaco di sinistra di Roma Luigi Petroselli, Emrico Berlinguer, Walter Veltoni, D’Alema, Giovanni Berlinguer, Giuliano Pajetta. Bella la descrizione che fa Domenico Calabria della sezione per “far loro respirare l’aria di quelle stanze che, pur se malsana per il fumo e la polvere, racchiudeva sani valori e saldi principi.” Stona un po il “cesso maleodorante” e la polvere, noi tenevamo molto a tenere presentabile la sede del Partito, per quanto ingombra di carte, manifesti e anche oggetti per la difesa dagli attacchi squadristici dei fascisti nemici della democraziia. Oggi sono iscritto al Partito Democratico, che rispecchia le mie idee anche se ci sono alcuni che hanno posizioni discutibili, (ma c’erano anche nel PCI, che non merita il titolo di “vecchio”) e frequento la stessa sede che acquistammo con una sottoscrizione tra gli iscritti.
    Per questo non capisco “L’esatto contrario dei salotti di oggi”. Non è un salotto, è uguale a allora, anche se io che ero un ragazzo sono – diciamo così – maturo e ci sono nuovi giovani di una nuova generazione, tutti di sani valori e solidi principi! L’unico salotto che conosco è qullo di …. Serena Dandini!

  4. Cioè voi continuate a censurare i miei interventi, scrivendo come motivazione che faccio pubblicità a siti illegali o di pirateria. Io? Ma se parlavo di gaber che è morto da almeno 7 anni e non riportavo alcun link! Ma vi rendete conto di quello che fate?
    I GESTORI DI QUESTO SITO FANNO SISTEMATICAMENTE CENSURA senza che ci sia negli interventi alcuna violazione, ma solo libere idee di sinistra!
    VERGOGNATEVI! E lo fate in nome di Berlinguer?
    Berlinguer vi sputerebbe in faccia!

  5. @Alberto: tu hai la fortuna di poter frequentare la stessa “sezione”, pur se oggi targata PD.
    Nei piccoli centri della Calabria (ma, più in generale, nei piccoli centri dell’intero meridione), la nascita del PD ha significato la cancellazione delle sedi di partito che testimonia ancor più (fisicamente direi) il distacco del PD dalle vere esigenze quotidiane della gente semplice.
    Purtroppo anche laddove le “sezioni” esistono ancora.
    I salotti sono altri, quelli che non appartengono alla nostra storia, ma che oggi, purtroppo, sono i soli (anche se in malo modo) a far sentire la loro presenza e ad influire sulle coscienze. Ciao e grazie

  6. rimane l’intima convinzione di essere onesti<3 ..nn solo nel meridione comunque.. gli ultimi colpi di coda della superficialità e della stupidità… confida in un tempo di rivolta delle coscienze<3.. un bacio alla bellissima Calabria.<3

  7. il pci governava senza essere al governo, dettava leggi e posizioni autentiche per l’elettorato che rappresentava , era un faro per sindacati e lavoratori, combatteva realmente la mafia e la camorra..tenendo molto ad una regola morale nel proprio interno, oggi non esiste a sinistra un partito con tale forza e partecipazione.

  8. Mi piace ricordare l’opera di Pio La Torre in Sicilia contro la mafia. Era uno stimato deputato comunista con i capelli un po’ bianchi, poteva starsene tranquillamente a Roma a ricoprire qualche incarico di partito. Invece preferì continuare la sua lotta sul campo fino all’estremo sacrificio.

  9. Un racconto vero e che potrebbero esserci a migliaia in calabria e per questo si può dire: una storia vera. Il PCI è stato un grande partito ed una grande scuola di vita. Ho pensato molto,in questi anni di assenza di questo partito, e mi sono fatto l’idea che il PCI non aveva nulla a che spartire con tante di quelle critiche interessate che oggi, anche da alcuni ex, vengono sbrigativamente messe in piazza. La vera storia del PCI è scritta dalla vita di gente onesta,che ha dedicato la propria esistenza per far avanzare democraticamente la società, per acquisire conquiste di giustizia e di progresso a favore di masse sterminate. Dentro il PCI il corrotto era una mosca bianca e se scoperto veniva espulso e denunciato;oggi il corrotto,il malfattore ed il farabutto trova facile albergo in tutti i partiti. Il racconto di cui sopra deve stimolare altri ancora perchè possa nascere un pensiero che illumini come eravamo,la vera storia ed il vero ruolo del popolo comunista, per capire meglio la strada che ci porti a quel domani che abbiamo sognato quando gli ideali guidavano i nostri impegni. Una domanda ancora: che cosa rappresentava il comunismo? Oggi si evoca per ricordare atrocità, ma per tanti giovani e tantissimi lavoratori era altro: democrazia vera e rispetto della dignità dell’uomo, presupposti indispensabili dell’agire politico.

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