“Questo libro è memoria, una memoria lunga che si oppone alla memoria breve dei mass media. Io ho sempre creduto nella letteratura come memoria.”
(Antonio Tabucchi)
Ho incontrato Antonio Tabucchi domenica 31 ottobre, mentre presentava qui a Milano il suo “Viaggi e altri viaggi”. Pioveva, come al solito, ma non faceva nemmeno troppo freddo. La libreria scoppiava letteralmente di gente. Io dalla mia privilegiata posizione (ottenuta semplicemente per riuscire a fare alla bell’e meglio qualche foto con la mia non certo professionale macchina fotografica) mi ero anche preparato qualche domanda, ma alla fine non ho potuto far altro che ascoltare: Tabucchi è una di quelle poche persone al mondo che ti incanta non solo quando scrive, ma anche quando parla.
Semplice, umile, onesto e soprattutto umano: è l’unica persona che cinque minuti dopo avermi firmato il suo libro è rimasto a chiacchierare come fossimo vecchi amici e quando me ne sono andato, mi ha salutato chiamandomi per nome. Una cosa che non mi era mai successa con nessun altro grande autore.
Sì, perché checché ne dica Berardinelli, che nel suo ultimo libro dedica un intero capitolo a dimostrare che Antonio Tabucchi sarebbe uno scrittore minore (articolo prontamente anticipato da Libero qualche settimana fa), è vero invece il contrario. Si dice che i suoi libri non hanno trama, che non sono romanzi, che non si capiscono: la prima affermazione è falsa, la seconda può essere vera (ma Tabucchi non ha mai detto di aver scritto romanzi), la terza può essere un pregio, se a non capirli sono critici letterari che hanno bisogno di sparare a zero su un Grande pur di far parlare di sé.
Per quel che mi riguarda, ho avuto la fortuna di leggere “Sostiene Pereira”, per il quale è maggiormente ricordato, quando avevo 14 anni, grazie all’illuminato consiglio della mia professoressa di italiano di allora, e devo dire che ne rimasi affascinato. Come tutte le cose che crescono, quello sprazzo di interesse per Tabucchi si è fatto strada tra strati di molteplici interessi e passioni fino a germogliare in quella piovosa domenica di fine ottobre. E lì è cresciuta la voglia di rileggermi Pereira, dopo aver letto Viaggi e altri Viaggi, e devo dire che, dopo averlo conosciuto, quel libro ha avuto su di me un effetto ancora più dirompente della prima volta. Ma ero curioso di leggere anche qualcosa d’altro.
Così sono incappato in Piazza d’Italia, il suo primo romanzo, e devo dire che all’inizio hai la stessa sensazione di quando leggi “Cent’anni di solitudine” di Marquez: fai fatica a destreggiarti nei nomi tra le varie generazioni, ma superato l’ostacolo iniziale lo leggi tutto d’un fiato. E non puoi fare a meno di notare come ci siano già tutte le caratteristiche che hanno reso unica la scrittura del Tabucchi che, dopo la querela di Schifani, è diventato anche l’idolo di schiere di antiberlusconiani che prima, probabilmente, ne ignoravano addirittura l’esistenza.
Con l’humour che lo contraddistingue e un velo di malinconica amarezza, Tabucchi descrive quel mondo contadino, anarchico e profondamente legato alla terra, con i suoi pregi, i suoi difetti, i suoi oramai scomparsi costumi. Descrive una cultura popolare che globalizzazione e televisione di massa hanno completamente distrutto e che sopravvive solamente in alcune piccole riserve indiane che la politica di questo governo cerca di spazzare via.
Una piccola perla che, nella geniale caratterizzazione psicologica dei personaggi, descrive in tutta la loro drammatica semplicità le disgrazie, le ingiustizie subite, i sogni infranti degli ultimi, dei più deboli, di quel popolo per la cui liberazione dalla schiavitù materiale era nata la Sinistra e che può aiutare molti a trovare la bussola, in questo mondo in cui si ragiona per categorie, si spara a zero su tutto e sistematicamente si perde di vista il vero obiettivo.
Perché, per usare le parole di uno straordinario personaggio del libro, Don Milvio, “l’uguaglianza non si ottiene con le macchine idrauliche.”
noi sappiamo chi siamo sono i politicanti che non sono più di sinistra anche se si definiscono tali per tenerci buoni
Il 1 maggio a roma nella piazza dove sono stati fatti i Tuoi funerali. La’ vorrei andare per il mio compleanno! Amici più grandi di eta’ mi hanno raccontato il grande amore che gli italiani domostrarono in quel momento per Te grande Enrico Belinguer!!!!!!
quello che ti hannoi raccontato, cara Gabriela, è verissimo!
mi hanno incantata mentre mi veniva raccontato. cara Antonia, non sono affatto contenta di avere 30 anni, vorrei averne 40-45 per aver potuto conoscere e vivere momenti migliori. nella mia generazione non mi trovo bene. adesso di riflesso attraverso Voi amici fb e alcuni giornalisti mi prendo qualcosa che mi sento come arricchimento. buona domenica! gabriela
mi hanno incantata mentre mi veniva raccontato. cara Antonia, non sono affatto contenta di avere 30 anni, vorrei averne 40-45 per aver potuto conoscere e vivere momenti migliori. nella mia generazione non mi trovo bene. adesso di riflesso attraverso Voi amici fb e alcuni giornalisti mi prendo qualcosa che mi sento come arricchimento. buona domenica! gabriela
Io ho 51 anni, ed ho vissuto tutto l’amore per il leader più amato da sempre, non potevi non essere d’accordo con lui, nonostante venisse da una famiglia borghese, aveva l’animo degli ultimi e proponeva la solidarietà come fine di emancipazione, avrebbe potuto darci veramente un mondo migliore, ed invece ci ritroviamo infangati nel berlusconismo, ove sono imperanti solo valori egoistici e privi di contenuto, ove la scienza e la cultura sono visti come freno, e non come opportunità di sviluppo ed eguaglianza sociale….
La memoria è importante specie oggi, dove si fa il contrario di quel che si faceva ieri. Faccio un esempio, oggi s’infanga la magistratura quotidianamente laddove ieri era guardata con rispetto.
Ma chi lo ha detto che gli IDEALI di SINISTRA sono solo per i disagiati? Pur avendo avuto e ho una vita agiata ho sempre pensato che il mio impegno doveva essere sempre a favore di chi era meno fortunato in senso socio-culturale!Tutto questo me lo ha insegnato mio padrE! Enrico Berlinguer è stato ed è ancora oggi l’UNICO VERO MAESTRO da seguire!
Chi “SA” non si fa manipolare!!!
Esatto chi sa non si fa manipolare, il problema sono la moltitudine di persone che non sanno, e non fanno nulla per sapere…..
Noi che sappiamo dobbiamo informare …sempre e in ogni luogo!