Venerdì scorso, come la maggior parte dei lettori sapranno, il nostro blog o meglio, onore al merito, Pierpaolo Farina, ha organizzato un incontro sulla “Questione Morale” presso l’Università degli Studi di Milano. Ciò che mi preme subito fare è dipanare ogni questione politica e sottolineare come questa conferenza (o come la si preferisca chiamare) abbia valicato qualsiasi fazione, partito, querelle governativa. Sono stati trattati argomenti come “essere persone per bene”, “dignità”, “onore e disonore”, “potere”, “prevaricazione” e tante altre tematiche che dovrebbero toccarci non tanto come votanti di sinistra (definizione spicciola che meriterebbe un ulteriore approfondimento ma che per ora non tratterò) ma in quanto uomini, per quella celebre frase di Terenzio per cui «Homo sum, humani nihil a me alienum puto» (Sono un essere umano, non ritengo a me estraneo nulla di umano), per il desiderio di cambiare le cose, di regalare a noi e ai nostri figli un mondo migliore.
Sono conscia del fatto che queste frasi possano suonare un po’ “fatte” e stereotipate forse per la loro estrema semplicità; semplicità a cui, me lo si conceda, non siamo più abituati e che viene purtroppo scambiata per banalità e astratto idealismo. Ma sono propri questi ideali, a cui mi attacco disperatamente, che mi danno la forza per non fermarmi alla superficie di ciò che mi circonda, per chiedermi “Perché?” ed è proprio questo su questo “Perché” che si sono soffermati coloro che sono intervenuti venerdì.
Perché la mafia? Perché la corruzione? Perché gli abusi di potere? I soprusi? Perché…?
Si è tentato di rispondere non facendo riferimento al governo, a personaggi pubblici, a multinazionali, a imprenditori e via discorrendo, ma al nostro piccolo, al quotidiano, spia, troppo sottovalutata, dei meccanismi che animano questo mondo. Se ci si soffermasse sulla vita di tutti giorni, ci si accorgerebbe -ahinoi!- che chi è in una condizione di potere o superiorità rispetto all’interlocutore, nonché sottoposto (insegnante- studente, viglie-automobilista, capo-impiegato..) tende ad utilizzare questo “potere” per imporsi, con prepotenza, sull’altro. Tutti, o meglio, molti, desiderano questo altisonante “potere” non come una possibilità da sfruttare, attraverso la quale migliorare una situazione, aiutare chi si può, cambiare le cose; ma come strumento di riscatto, di rivalsa nei confronti di “chi mi ha fatto subire tutte quelle angherie” e che ora sono “IO a gestire”, sono “IO a fare”, sono “IO a comandare”. Avere potere, oggi, significa aprire quel famoso vaso di Pandora, ricolmo di frustrazioni e delusioni e riversarle sugli altri; così un professore può prenderti a male parole senza motivazione, il capo farti proposte indecorose che se rifiutate ti costano la promozione o, addirittura, il posto di lavoro ecc. ecc.
Potere oggi significa non avere regole da rispettare ma imporre le proprie, significa dare il proprio consenso alla “legge del compromesso”, compromesso che costa il futuro a molti giovani che hanno solo le proprie forze e la consapevolezza di aver fatto le cose per bene e che, nonostante ciò, si vedono usurpare ciò che spetta loro da tutti quelli che hanno preso la famosa scorciatoia, dove il sopracitato compromesso detta legge.
Se ognuno di noi si ribellasse, partendo dalle piccolezze del quotidiano, a questa legge del mors tua vita mea, dell’usurpazione, della prevaricazione portando avanti il rispetto e la dignità che ci spetta in quanto essere umani, se non ci limitassimo ad aspettare “che accada a noi” per capire che il marcio c’è, forse, si getterebbero le basi per un mondo diverso…
Io ci credo.
sante parole!
Era da troppo tempo che non leggevo cose così giuste!! Ben detto!