Pajetta, il ragazzo rosso

Questo è il momento peggiore della mia vita di militante.” Sono state queste le ultime parole pubbliche di Giancarlo Pajetta, alias “Nullo”, come si era autonominato in onore di un eroe garibaldino morto per l’indipendenza polacca. Un’intervista sul Mattino di Napoli “il ragazzo rosso” confidava al giornalista che neanche in carcere aveva sofferto come in quella fase politica che il suo partito stava attraversando, dopo la cosiddetta svolta della Bolognina e la formazione di due componenti contrapposte all’interno del Pci. Pajetta, dal canto suo, non si era schierato per nessuna delle due mozioni che stavano per confrontarsi nell’imminente congresso.

Se ne andò dunque nella notte tra il 12 e il 13 settembre del 1990, all’età di 89 anni. A quel partito che di lì a poco si sarebbe sciolto per sempre aveva dedicato tutta la sua vita: si iscrisse alla Fgci quando quando aveva 14 anni, nel 1925.

E quando il 2 novembre 1926 arrivarono le leggi dei Tribunali Speciali, Giancarlo Pajetta non rinnegò la sua fede, tramandatagli da sua madre, lui che era nato e cresciuto in un quartiere operaio torinese (Via Villafranca, oggi via Dante di Nanni), lo stesso dove aveva abitato Togliatti. Nel febbraio del1927 venne dunque sospeso per tre anni dal Liceo-ginnasio Massimo D’Azeglio, il mitico istituto frequentato da molti giovani che poi avrebbero segnato la vita politica e culturale italiana e della Sinistra (Vittorio Foa, Leone Ginzburg, Cesare Pavese, Norberto Bobbio, per citarne alcuni).

Ancora non aveva 17 anni, quando fu recluso nelle galere di Torino, Roma e Forlì: quando ne esce, riallaccia i rapporti con il PCI e ne diventa un funzionario. A vent’anni diventa segretario della Fgci clandestina, dopo il IV congresso che si svolge a Colonia, e diventa direttore de “L’Avanguardia”, oltre ad essere designato rappresentante per l’Italia nel Kim, l’organizzazione mondiale dei giovani comunisti.

Il 17 febbraio 1933 viene arrestato a Parma e il 2 febbraio dell’anno dopo verrà condannato a 21 anni di reclusione: ne sconterà 11 nei carceri di Civitavecchia e di Sulmona da dove verrà scarcerato il 23 agosto del 1943, dopo la caduta del fascismo. Diventa un’icona della Resistenza. E infine, nel secondo dopoguerra, un’icona della Repubblica.

Gian Carlo Pajetta è stato nella storia politica italiana un grande comunicatore attraverso i suoi comizi che richiamavano le folle. Ma è l’avvento della televisione (che impauriva importanti leader politici) che fa di Pajetta una sorta di mattatore. Memorabili rimangono le sue apparizioni, all’inizio degli anni Sessanta, nei programmi di “Tribuna politica”e “Tribuna elettorale”, con la sua accattivante ironia, le sue brucianti battute e i suoi sferzanti colpi di teatro. Indimenticabile la sedia vuota riservata al presidente della Coldiretti che lui aveva invitato perché rendesse conto dei bilanci della Federconsorzi.

In un tempo in cui la mediocrità, l’arrivismo, l’ipocrisia e l’ambizione personale regnano incontrastati soprattutto tra i giovani della mia età (tali solo all’anagrafe, dentro sono vecchi come una quercia secolare), di Pajetta ne avremmo dovuti avere cento, oggi. Perché insieme ad Enrico è l’esempio più puro come onestà, coerenza e altruismo siano gli ingredienti per il successo. Oggi avremmo ancora bisogno di questo “ragazzo rosso”. Cerchiamo di prenderlo ad esempio, per quel che possiamo fare.

34 commenti su “Pajetta, il ragazzo rosso”

  1. ECCO……QST SONO I DUE UOMINI ..ANZI MANCA UN’ALTRO…ALDO MORO……SONO LORO DA PRENDERE COME ESEMPIO PER UNA POLITICA ED UN GOVERNO PULITO…E DI SANI PRINCIPI….!!!!!!!!!!!!!!!NO COME3 STI PAPPONI CHE FANNO A GARA A CHI MAGNA DE PIU’..E A CHI E’ PIU’ SPORCO.IN TUTTI I SEMSI…CHE SCHIFO VERGOGNATEVI…

  2. ECCO……QST SONO I DUE UOMINI ..ANZI MANCA UN’ALTRO…ALDO MORO……SONO LORO DA PRENDERE COME ESEMPIO PER UNA POLITICA ED UN GOVERNO PULITO…E DI SANI PRINCIPI….!!!!!!!!!!!!!!!NO COME3 STI PAPPONI CHE FANNO A GARA A CHI MAGNA DE PIU’..E A CHI E’ PIU’ SPORCO.IN TUTTI I SEMSI…CHE SCHIFO VERGOGNATEVI…

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