“La corruzione fa in modo che si sappia il prezzo di tutto e il valore di nulla.” (Oscar Wilde)
Sono queste giornate di ordinaria cronaca di corruzione. Una corruzione che oramai è diventata sistemica, grazie anche e soprattutto ad un sistema giudiziario sfasciato, ad una politica che si rifiuta di affrontare la Questione Morale, alla società civile che si muove con troppa lentezza e con troppo ritardo contro un sistema economico mondiale che ha dimostrato di non saper funzionare più. Che non può funzionare più.
O meglio, può continuare benissimo a funzionare, ma c’è un “piccolo” (si fa per dire) sacrificio da fare: per assicurare utili di svariati milioni di euro ad un elite ristretta, si distruggono i diritti fondamentali e la dignità di milioni di persone (in alcuni casi le si distrugge e basta, condannandole alla morte certa).
Ci hanno raccontato che questo è il sistema migliore in assoluto, che garantisce la libertà. Ma che tipo di libertà garantisce? Forse quella di imprecare ai poveri, agli sfruttati e ai diseredati, ma non certo assicura la libertà di vivere felici la propria vita nel modo migliore che ci sia. O meglio: garantisce eccessi, lusso e ricchezze non meritate ad una ristretta cerchia di persone, i quali campano di finanza.
Il punto è che questi signori, così attivi a postulare la superiorità del mercato, della concorrenza, agendo nell’allegra giungla della finanza che ha causato questa crisi, non rischiano nemmeno più nulla: perché se una volta il c.d. rischio di impresa era, appunto, dell’imprenditore, ora il rischio di impresa è dello Stato. Sì, l’odiato Stato, l’origine di tutti i mali e di tutti gli sprechi, il nemico da abbattere.
E veniamo quindi al re di tutti i paradossi: de facto, assistiamo ad una forma di Socialismo per i ricchi e l’applicazione delle ferree regole del neo-liberismo per i poveri. Il tutto in nome di non si capisce bene che cosa.
Soffriamo per la crisi economica. Ma è nata da quella morale, che de facto è insita nell’attuale sistema finanziario mondiale: i livelli di profitto da parte di banchieri e finanzieri sono tornati ai livelli pre-crisi, il giro di affari dei derivati che hanno scatenato la crisi idem. Cosa è cambiato? Che gli Stati si sono indebitati, hanno tagliato lo Stato sociale e i burocrati al guinzaglio di questi signori ritornati in panciolle dopo nemmeno tre anni vorrebbero imporre ancora le ricette neo-liberiste. Non per combattere l’ingiustizia sociale, ma per salvare se stessi.
Forse è il caso di dire basta. Dire che è scandaloso che centinaia di miliardi di euro ogni giorno vengano bruciati dalle banche o finiscano nei paradisi bancari e fiscali dei soliti ignoti. Che è vergognoso che ci sia gente che vive con meno di 1 dollaro al giorno, mentre c’è gente che ne spende 10mila in un’ora per comprarsi l’ultima boiata partorita dalle boutique di Prada.
C’era uno striscione, allo sciopero di settimana scorsa: ci vogliono schiavi, ci avranno ribelli. Ecco, siamo arrivati al momento in cui l’indignazione non basta più. Non basta nemmeno più l’organizzazione. Bisogna andare ad occupare in pianta stabile tutte le borse del mondo. La bestia si uccide colpendola al cuore. Forse è il caso che gli studenti si sveglino. Altro che patto generazionale in Costituzione. Qui, per dirla alla Monicelli, ci vuole solo una bella rivoluzione.