Vi eravate illusi, nevvero? Dopo il Festival dell’anno scorso, con Antonio Gramsci in prima serata e un Roberto Benigni che intonava l’inno d’Italia, il tutto coronato dalla vittoria di Roberto Vecchioni, pensavamo davvero potesse cambiare qualcosa. Le vittorie del “popolo arancione”, quelle dei referendum. Si pensava finalmente che nel 150° anno dell’Italia Unita il popolo italiano avesse dismesso l’abito del caprone per riprendersi finalmente i propri spazi, la propria libertà, il proprio diritto al cambiamento dello status quo.
Morale della favola: era tutto un imbroglio. Non è cambiato nulla. L’italiano medio non solo non ha deciso di riprendersi quello che gli è stato volgarmente strappato da una classe dirigente di incapaci, anzi, celebra i tecnici che gli stanno portando via quel poco che gli è rimasto. Mentre il popolo arancione si sporca sempre più di fango, la corruzione e le mafie imperano, i referendum vengono affossati con inciuci bipartisan.
L’Italiano medio però è Contento. Lui fa parte del fantastico quartetto dei Corrotti, dei Collusi e dei Cretini. I Fantastici Quattro del cancro italiano che divora coscienze, passione, ideali, che permette alla Società Corrotta dello Stay Quiet di rimanere sempre uguale. Ci stanno togliendo non il futuro, ma anche solo la possibilità di immaginarlo, eppure lui è contento. Vivacchia, nella speranza che “tutto cambi affinché non cambi proprio niente“.
Cantava Vecchioni l’anno scorso:
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché ci stanno uccidendo il pensiero;
Ecco, i ragazzi e le ragazze nelle piazze li prendono a manganellate, a volte li mettono anche in galera, e solo perché si oppongono allo sperpero di denaro pubblico che finisce nelle tasche delle cricche e delle logge (e nelle cooperative). Spesso con il bene placet di chi si lamenta proprio dell’esistenza delle cricche (la categoria dei cretini, appunto, che fanno gratis quello che i Corrotti e i Collusi fanno a pagamento).
Nel 72° anniversario della nascita di Fabrizio De André, l’Italia suona un De profundis della musica italiana. Badate bene, non di Sanremo (quello è morto e sepolto da un pezzo), della musica italiana intesa come arte, cultura, ideali, passione. E poiché la musica e la cultura di un popolo riflettono la sua idea politica più di qualsiasi altra cosa, ora ne abbiamo la prova: gli Italiani hanno ancora il morbo dell’Uomo della Provvidenza.
Non ce la fanno a gestire la libertà, preferiscono dormire sonni tranquilli sgravandosi dal suo peso e lasciando ad altri il compito di gestirla per loro: siano essi tycoon televisivi o grigi professori della Bocconi. Tutti sempre investiti di quell’aura mitica da salvatori della patria. Peccato che, puntualmente, non salvino la patria, ma gli interessi propri e dei propri amici.
Emma dal palco, appena ricevuto il premio: “Voglio dedicare questo premio a tutti i tecnici che hanno lavorato per noi.” Monti e la Fornero, i nuovi idoli nazionali dei Contenti, ringraziano. Rocco Papaleo all’inizio del Festival ha mutato lo slogan di Morandi dell’anno scorso, “Stiamo Uniti” in “Stiamo Tecnici“.
Ecco, l’Italia dei Tecnici è quella di Emma. Non è l’inferno?