Appena letta la notizia fresca fresca su Science la cosa che mi ha più colpito, a dire la verità, è stata l’ultima frase:
New data, however, will be needed to confirm this hypothesis.
Mi fa ancora sorridere questo genere di procedimento, estraneo ai giornali e alla politica: trovato un errore è necessario verificare di averlo trovato davvero. Insomma chiediamo scusa, abbiamo sbagliato, ma non ne siamo certi, dobbiamo verificare di aver fatto giusto e anche di avere sbagliato. In quali altri luoghi sentite o leggete una frase di questo tipo?
Secondo la teoria della relatività di Einstein (ma anche e soprattutto secondo tutti gli esperimenti condotti finora) quella della luce è la velocità massima a cui viaggiano l’informazione, la materia e l’energia nello spaziotempo. Questo pilastro della fisica e della nostra esistenza non era ancora stato messo concretamente in discussione fino a Novembre dell’anno scorso, quando ancora Science titolava
Faster-Than-Light Neutrinos: OPERA Confirms and Submits Results, But Unease Remains (Neutrini più veloci della luce: OPERA – Oscillation Project with Emulsion-Tracking Apparatus – conferma e presenta i risultati, ma rimane la preoccupazione)
Preoccupazione dovuta a molti fattori: 15 persone non firmarono l’articolo, si scoprì che l’errore nella determinazione del tempo era più ampio di quello previsto all’inizio (non tanto da coprire i famosi 60 nanosecondi ma di certo non rassicurante) e non è un mistero che non tutti i dati sono stati controllati in maniera indipendente da più ricercatori. Nonostante questo Repubblica on-line titolava così: “Neutrini più veloci della luce” Messo in discussione Einstein. Il Sole 24 Ore al secondo esperimento: I neutrini superano (ancora) la velocità della luce. Una rivoluzione? occorrono nuove conferme. L’Unità: Il Cern conferma: neutrini più veloci della luce. Il Fatto Quotidiano: Neutrini più veloci della luce: Einstein sbagliava?
Tra il fin troppo facile sensazionalismo di Repubblica e leggerezze varie (su L’Unità si legge “se la notizia fosse confermata, sarebbe una vera e propria rivoluzione perché, osserva Hack, «finora tutte le previsioni della teoria della relatività sono state confermate». I dati dell’esperimento Cngs sarebbero quindi la prima bocciatura per la teoria di Einstein.” Insomma Einstein bocciato, manco fosse a scuola) si salva chi ricorda ancora quanto sia fondamentale la riproducibilità di un esperimento e chi si era accorto che già poco dopo la presunta rivoluzione i ricercatori del CERN davano la caccia all’inghippo fatale.
Ci sono già invece i soliti predicatori internettiani che fanno ironia trita e ritrita sull’esperimento ovviamente italiano e quindi così miseramente fallito, neanche fosse la Concordia. Tunnel di 730 km scavati da operai dipendenti del MIUR a parte, i neutrini continueranno ad affascinare i fisici, così come accade dai tempi di Enrico Fermi e Bruno Pontecorvo, indipendentemente dalla loro velocità. Anche Einstein e la relatività per ora restano lì dove sono: questo non ci impedisce di sognare e appassionarci con fantascientifici viaggi spaziotemporali, che hanno riempito tante splendide pagine della letteratura mondiale. Questo errore, se tale è stato, non impedirà nemmeno ai fisici di ripetere l’esperimento o di cercare altre vie per confutare, se confutabile, la teoria della relatività.
Lord Kelvin (William Thomson) a cui dobbiamo la scoperta dell’altro limite dell’universo, cioè quello inferiore (lo zero assoluto), credeva fermamente che mai e poi mai gli aerei sarebbero diventati realtà. E pensare che al giorno d’oggi, anche in tempi di crisi, sono tutti pieni come i ristoranti. Anche i grandi geni a volte, come tutti noi, difettano di lungimiranza. Lo stesso Einstein faticava a credere alla meccanica quantistica, benché questa spiegasse l’effetto fotoelettrico, la cui scoperta gli valse il Nobel nel 1921.
Questa insomma non è una gara a chi è più bravo, chi è più intelligente o a chi ce l’ha più lungo: qui si tratta di affinare le nostre conoscenze e capire cosa ci sta intorno. Credere in ciò che si fa e farlo con umiltà e passione.
La stessa passione di un biologo, medico e genetista che se ne andò dall’Italia molti anni fa, dov’era stato medico e all’occorrenza dentista dei partigiani, nonché traghettatore di una distrutta Torino dal fascismo alla liberazione (fece parte della Giunta Popolare del ’45-’46 insieme ad un altro illustre medico laico, Adriano Vitelli). Pur essendo cittadino statunitense al suo Paese d’origine è però rimasto profondamente legato, tanto da istituire nel 1999, a 24 anni dal Nobel, il DTI. Lui che ha sempre avuto a cuore il futuro più del presente se n’è andato definitivamente qualche giorno fa, senza nemmeno fare rumore, proprio mentre in televisione davano Sanremo, quella stessa trasmissione che aveva accettato di condurre con ironia e rara educazione al fianco di Fabio Fazio.
Che dire… grazie professore, la sua vita ha avuto certamente più valore di un lancio di neutrini.