I mezzi d’informazione, che quando c’era da agitare lo spauracchio della crisi del debito per far subire i salassi delle manovre finanziarie ai cittadini riportavano martellanti le notizie sull’aggravarsi della crisi danno poca attenzione alla “conclusione” del calvario della crisi greca. Cosa sta succedendo di preciso? Con l’accordo tra i creditori privati e lo Stato ellenico (chiamato PSI – Private Sector Involvement) si è decisa la decurtazione del 53% del valore nominale dei titoli obbligazionari detenuti dagli investitori (pari a circa il 75% del loro valore di mercato). L’adesione all’accordo, pari a circa l’85% del totale dei titoli, è stata inoltre completata dalle cosiddette Cac, ovvero Clausole di Azione Collettiva, con cui si è forzato ad aderire alla ristrutturazione del debito anche coloro i quali non avevano accettato l’accordo. Le Cac hanno fatto scattare il pagamento dei famigerati Cds (Credit Default Swaps), ovvero delle assicurazioni sul rischio di fallimento dello stato ellenico, per un valore di circa 3,2 miliardi di euro. Fatto, questo, che fa sì che si possa considerare la cosiddetta ristrutturazione del debito greco come un default vero e proprio anche da un punto di vista giuridico-legale.
Ad ogni modo, la questione Grecia è finita? Magari. Ci sono diversi problemi che già preoccupano il panorama politico e finanziario. Innanzitutto, non è vero che il rischio contagio è stato scongiurato, come trionfalisticamente hanno annunciato molti politici europei. Gli obiettivi di riportare la Grecia ad un livello di indebitamento del 120% entro il 2020 non sono del tutto scontati, visto la situazione ormai disastrosa in cui versa l’economia ellenica (nell’ultimo trimestre del 2011 -7,5% PIL e stime del deficit continuamente corrette al rialzo). Molti analisti americani ritengono che già nel prossimo anno la Grecia possa tornare a fare default.
Inoltre, altri Stati, come il Portogallo, potrebbero utilizzare un piano simile al PSI greco per ristrutturare il debito. L’economia portoghese, sebbene non sia ancora nelle stesse condizioni di quella greca, presenta un tasso di disoccupazione quanto mai allarmante (14%) e una situazione delle finanze pubbliche che non dà segni di miglioramento. Lo spread portoghese è ripreso a salire, e dopo la ristrutturazione del debito greco ha toccato la soglia di 1180 punti base. Vi sono rischi rilevanti anche per l’economia spagnola, per la quale l’Unione Europea continua uno stretto monitoraggio, date le criticità sia delle finanze pubbliche che per il settore immobiliare e bancario.
Insomma, appare sempre più chiaro che le cure a suon di austerità, licenziamenti, riduzioni di salari, imposte per risolvere la crisi debitoria abbiano ammazzato il malato anzichè curarlo. E che, nonostante le facce raggianti e i bei discorsi di chi, come Merkel e Sarkozy, è impegnato a fare comizi per assicurarsi la rielezione, ci vorrà ancora un po’ per poter dire che la tempesta è passata.