I temi dell’antimafia mi sono sempre stati a cuore, sia per certe ragioni personali, sia perchè provengo dalla Puglia, regione tutt’altro che estranea ai fenomeni di mafia e criminalità organizzata.
Eppure, è da quando mi sono trasferito a Milano che ho sentito in me un impulso ad impegnarmi nel concreto, organizzando e partecipando a diverse conferenze; scrivendo su questo blog e avvicinandomi al mondo delle associazioni e dei movimenti antimafia.
Sarà forse dipeso dalle mie amicizie, dagli ambienti in cui sono nato e cresciuto, ma quando ero in Puglia di certo apprezzavo, ma non sentivo la necessità di un’associazione antimafia. (Ma mi sono ricreduto anche su questo.)
Mi sono bastati pochi mesi a Milano per capire come al nord manchi una cultura sulla mafia e quindi dell’antimafia: uno spiraglio, anzi, una voragine lasciata aperta per le cosiddette “infiltrazioni” mafiose. Perchè è un’antifona che non sarà mai ripetuta abbastanza: le mafie hanno sempre prosperato lì dove è mancata una cultura della legalità, lì dove, per vari motivi, si è preferito negare o minimizzare il fenomeno criminale. La mafia finora è cresciuta e si è mossa in un clima di ignoranza militante, in primis di talune delle istituzioni, ma di conseguenza anche di parte della società civile.
Oggi, un altro grande passo in avanti, in nome della cultura della legalità e dei valori dell’antimafia: apre la prima sede in Lombardia di “Ammazzateci tutti”, a Lonate Pozzolo, in via XXIV Maggio, proprio in una zona che in passato è stata sotto i riflettori nel corso di indagini sulla criminalità organizzata.
Come riportato sul sito del movimento, il coordinatore regionale per la Lombardia di Ammazzateci Tutti, Massimo Brugnone, ha affermato: “Vogliamo essere un presidio di legalità per ribaltare la cattiva fama di Lonate Pozzolo; da oggi saremo aperti al pubblico e a disposizione dei cittadini che vogliono segnalarci problemi”.
Ammazzateci Tutti è un movimento antimafie nato spontaneamente dai ragazzi di Locri alla fine del 2005, in seguito all’omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno. Il gruppo, inizialmente formato da soli giovani, quasi esclusivamente studenti liceali e universitari, ha ben presto attirato a sè con i proprio impegno e la propria caparbietà diversi familiari di vittime della mafia.
E’ ormai una realtà a livello nazionale, con coordinamenti regionali in Sicilia, Campania, Lombardia, Lazio, Puglia e Veneto.
In questo momento, però, sta attraversando uno dei suoi momenti più delicati, dopo preoccupanti minacce giunte al suo fondatore, Aldo Pecora.
Come da prassi mafiosa, prima è stato lasciato un biglietto anonimo sulla sua macchina con alcuni proiettili, chiaro il messaggio: il giudice Scopelliti lo aspetta a braccia aperte. Il primo avvertimento. Sempre sotto casa dei genitori, la sera di due giorni dopo, è stato aggredito da due finti giornalisti non si sa da chi né per che cosa mandati lì. Lo avevano atteso in macchina col motore acceso per ore.
Nè Aldo Pecora, nè tantomeno il gruppo si sono tirati indietro davanti a questi inquietanti episodi, ma al contrario hanno lanciato una grande campagna di solidarietà: Siamo Tutti Aldo Pecora. L’appello per la protezione del giovane porta le firme di don Luigi Ciotti, Michele Cucuzza, Nando dalla Chiesa, Maria Falcone, Ferdinando Imposimato, Pino Masciari, don Luigi Merola e Rosanna Scopelliti.
Ancora un passo avanti per la società civile, che non può e non vuole piegarsi al potere mafioso.