Per strada da qualche giorno c’è il faccione di frau Merkel che mi guarda: proprio me, italiota che la critica sì, ma che non sputa nel piatto dove mangia, perché nel mio piatto ci sono crauti e salsicce, che alla fine mi piacciono pure…
C’è lei e la sua CDU, il partito cristiano-conservatore oggi di centro, figlio della Repubblica di Weimar e di Kohl, fratello quasi gemello della CSU bavarese, con cui costituisce l’Union. Il centrismo della Merkel si fonda sui valori cristiani (cattolici e protestanti) e appoggia apertamente omosessuali e Verdi, passati dall’11 al 25% nel 2011 nel Baden-Wuerttemberg (capoluogo Stuttgart) spinti dal vento radioattivo giapponese (i Verdi eh, non gli omosessuali). La CDU negli anni ha raccolto voti un po’ qua e un po’ là: di centrosinistra, poi liberali, poi conservatori, in quel rimescolio silenzioso che piace a tutti e a nessuno.
Vicino ai manifesti della Merkel ci sono quelli della SPD, il partito più antico, quello con più iscritti, quello che dovrebbe essere socialista e addirittura parte dell’Internazionale, ma che con Schröder ha avuto la sua svolta veltroniana (mal comune mezzo gaudio?), per poi tornare alla socialdemocrazia con Beck, attualmente presidente del Rheinland-Pfalz (capoluogo Mainz). Il tracollo del 2009, e il relativo abbandono della Grosse Koalition che costrinse al rimpasto coi liberali del Merkel II, portarono la SPD a designare un nuovo segretario al congresso di Dresden, Sigmar Gabriel, classe 1959 ed ex governatore del Niedersachsen (capoluogo Hannover), lo stesso Land croce e delizia dell’ex presidente Christian Wulff, pupillo della Merkel, inciucione che si è visto revocare l’immunità dalla procura di Hannover e che cadendo rovinosamente un po’ ha fatto inciampare anche l’amica Angela.
Ma la cancelliera, da brava teutonica, non versa lacrime di Fornero e va avanti. Dietro di lei, e con lei da 3 anni, ci sono i liberali della FDP, quelli che contrastarono senza sosta il sussidio di disoccupazione: le loro belle idee ai tedeschi son piaciute così tanto che son quasi tornati nazisti.
Sì perché se nel belpaese abbiamo la pacata nipotina del Duce, in Germania c’è la NPD, un partito che qui la gente considera un tantino incostituzionale, un po’ perché non hanno in simpatia ebrei, musulmani e neri, un po’ perché il loro motto è arbeit, familie, vaterland (lavoro, famiglia, patria) e a qualcuno queste parole ricordano qualcosa. La NPD non ha mai superato l’1,5% dei consensi e non è mai entrata in Parlamento. Si discute animatamente in casa tedesca se renderlo illegale o no, fortunati noi che abbiamo una legge chiara che sull’apologia del fascismo non fa sconti nemmeno a Fascismo e Libertà (che ossimoro)!
La cosa che inquieta e contemporaneamente rassicura l’elettorato Merkeliano è questo suo metterci continuamente la faccia, nel bene o nel male. Anche nel fare la guardia ai neopaladini di internet libero, della trasparenza di governo e del reddito minimo (loro non hanno sole e spaghetti al pomodoro e se lo possono permettere). Il Piraten Partei, giovane e moderno, contrasta e molto con l’invecchiamento dei partiti di massa, quelli che non sono riusciti nel ricambio generazionale: dall’altro fallimento targato Merkel, Guttenberg, classe 1971 e con una tesi di dottorato scopiazzata, a Westervelle (FDP) e la sua Spasspolitik (“politica divertente” per quanto possa essere divertente un tedesco) che di consensi ne ha raccolti molti meno della cariatide che lo ha preceduto, Gerhardt. Se poi si considera che l’ala dinamica della SPD è rappresentata da Schröder e Müntefering (68 e 72 anni) verrebbe da chiedersi se non serva anche a loro un Matteo Renzi, un nuovo che ci avanza.
La crisi della politica storica tedesca ha fatto da trampolino per i Piraten che secondo i sondaggi viaggiano al 12%, raccogliendo consensi ma anche critiche, perché non disdegnano di accogliere un po’ di tutto, compresi gli scarti della NPD. C’è una sezione del partito vicino casa mia: li osservo spesso dalle vetrate, sono ragazzi con la faccia e il fare da nerd, ti fanno simpatia perché sembrano sempre sul punto di fare la rivoluzione ma poi te li immagini più a loro agio a giocare a Call Of Duty. Il lavoro che hanno fatto dal 2006 a oggi è però di proporzioni notevoli: ricalcando la centralità della riforma del diritto d’autore e dello sviluppo culturale del partito gemello svedese (il Piratpartiet), sono riusciti a presentare un programma politico chiaro, puntuale e affascinante nel suo essere alternativo.
La bandiera rossa sventola solo a casa Die Linke. Nel 2009 superò i Verdi diventando il quarto partito tedesco, ma oggi si trova in uno stato di crisi cronica. La Sinistra tedesca sin dalla sua nascita è guidata da due presidenti, uno per l’est e uno per l’ovest: l’attuale duo Lötzsch-Ernst (la prima ha recentemente abdicato per motivi personali) ha trascinato il partito in una epocale perdita di consensi che metterà a rischio la conquista dei seggi nelle ormai prossime elezioni nel Nordrhein-Westfalen (capoluogo Düsseldorf) e nello Schleswig-Hollstein (capoluogo Kiel), due Land strategici. Il primo è lo Stato Federale più popoloso, il secondo ha già visto nel 2005 la risicata vittoria della coalizione SPD-Verdi, che non è riuscita a mantenere la presidenza a causa della mancata elezione del leader e dell’incerto supporto del partito locale della minoranza danese (SSW), consegnando di fatto il governo al candidato della CDU. I nostalgici della Sinistra tedesca, quella che ancora fa i manifesti a sfondo rosso e ci scrive sopra frasi desuete come Libertà per tutti, Marx è vivo e Nazis raus!, rivorrebbero il carismatico Lafontaine (sessantottenne malato di cancro) ma apprezzerebbero anche l’accoppiata Wagenknecht-Bartsch, la prima moglie di Lafontaine e dichiaratamente comunista, il secondo socialdemocratico.
Ma la CDU piace ancora. Nonostante l’euro, le tasse altissime (e qui, alla faccia della privacy, al primo sospetto controllano anche il risvolto dei calzini), i favoritismi e la corruzione, il partito di governo mantiene la curiosa tradizione di aumentare annualmente gli stipendi, si sta aprendo al salario minimo garantito e ha tagliato di netto le tasse, anche alle imprese. Frau Merkel ai suoi concittadini però piace meno, perché è rigorosa ma indecisa, perché si incaponisce su personalità dubbie e perché nessuno qui è mai esente da critiche. La sua iniziativa lanciata su internet come vorresti la Germania del futuro? è stata aspramente criticata dalla SPD, che l’ha definita una campagna elettorale finanziata coi soldi pubblici, salvo poi proporre la stessa iniziativa. Anche la crisi greca ha dato le sue belle mazzate al ministero delle finanze e all’intero governo tedesco.
Angela Merkel è la leader dell’Europa, forse suo malgrado, è stata tacciata di voler germanizzare il mediterraneo, accusata all’estero di richiedere misure insensate agli Stati UE. Alle elezioni casalinghe di maggio dovrà fare i conti con un imprevedibile equilibrio di voti e in prospettiva di un pur sempre realistico terzo governo nel 2013, dovrà quasi certamente pensare ad una coalizione orientata a sinistra e che lasci spalancate le porte ai Piraten.
Guardando a questo Paese che ha dato i natali a Marx e naturalizzato Hitler, diviso fino a soli 23 anni fa da un muro che divideva in realtà il mondo intero, la mia ammirazione per la loro capacità di saper ricostruire tutto e sempre diventa facilmente amarezza nel vedere che i programmi politici, condivisibili o meno che siano, qui diventano realtà, che le promesse elettorali si possono mantenere quasi tutte e che su questa concretezza si giocano le elezioni destra, sinistra e centro.
Ma la Germania è anche il Paese dei fratelli Grimm, e io, a 25 anni, forse alle favole non dovrei crederci più.