In data odierna ricorre una giornata importante nella storia dell’antimafia: trent’anni dall’omicidio di Pio La Torre, sindacalista, parlamentare e segretario regionale del partito comunista.
Pio La Torre dava fastidio a molti, a troppi. Così, il 30 aprile del 1982, Cosa Nostra decise di liberarsi di lui. La Torre fu assassinato da raffiche di proiettili mentre si recava alla sede del partito comunista, insieme a Rosario Di Salvo. Il 12 gennaio 2007 vengono nominati mandanti dell’omicidio: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò e Antonino Geraci. Questa fu l’ultima di una serie di sentenze effettuate dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo.
Non appena fu eletto in parlamento nel 1972, La Torre entra a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia. Pio La Torre propose in parlamento la legge che prevede l’introduzione nel diritto penale di un nuovo articolo: il 416 bis. Esso introduce il reato di associazione mafiosa e una norma che prevede la confisca dei beni direttamente riconducibili alle attività criminali scovate grazie agli arresti. Con la collaborazione del giudice Cesare Terranova, redasse e sottoscrisse la relazione che metteva in luce i legami tra mafia e politica, in particolare tra uomini della Democrazia Cristiana.
“La compenetrazione è avvenuta storicamente come risultato di un incontro che è stato ricercato e voluto da tutte e due le parti (…) La mafia è quindi un fenomeno di classi dirigenti”.
La classe dirigente siciliana dei nostri giorni è parecchio lontana dall’esempio politico e di legalità che Pio La Torre ha dimostrato nella sua vita.
Da non dimenticare è la sua battaglia contro la costruzione dei missili NATO nella base militare di Comiso. La Torre dà vita a un movimento di protesta contro codesta costruzione vista come una minaccia alla sicurezza e non come possibile fonte di guadagno economico. Questo movimento, spiegava La Torre, si opponeva alla “trasformazione della Sicilia in un avamposto di guerra in un mare Mediterraneo già profondamente segnato da pericolose tensioni e conflitti. Noi dobbiamo rifiutare questo destino e contrapporvi l’obiettivo di fare del Mediterraneo un mare di pace”.
L’eroe siciliano, da sempre impegnato nella lotta contro la mafia e per la difesa della giustizia e dei più poveri, è l’ennesimo uomo che ha perso la vita per combattere il sistema mafioso. Questi uomini sono spesso lasciati soli e così facendo diverrà ancor più difficile spazzare via il fenomeno malavitoso facente parte del nostro paese oggi più di ieri.