Qui la mappa con l’epicentro, da notare anche la mappa di pericolosità sismica (GdL MPS, 2004; rif. Ordinanza PCM del 28 aprile 2005, n. 3519, All. 1b).
La Pianura Padana è una zona coperta da un ingente spessore di sedimenti di materiale inorganico che derivano dall’erosione dei continenti del periodo dell’ultima era glaciale (a partire cioè da circa 2,6 milioni di anni fa). L’area dell’epicentro si trova in corrispondenza di una fase tettonica compressiva quel fenomeno che ha portato alla formazione delle Alpi e degli Appennini, producendo però anche pieghe, faglie e thrust (che sono quelle faglie che sovrappongo terreni più recenti a terreni più antichi che “scorrono” l’uno sull’altro). Nel caso della zona interessata dal terremoto è proprio il sedimento di cui sopra ad essere interessato e in parte anche il sedimento sottostante (più antico). Quelli che vengono definiti l’arco Emiliano (in cui rientra il comune di Mirandola), l’arco Ferrarese e l’arco del Monferrato rappresentano una specie di parte sepolta dell’Appennino, l’ossatura delle nostre montagne, che noi non vediamo, ma che purtroppo si fa sentire tramite i terremoti (qui la mappa).
Sono stati inoltre effettuati i primi rilievi di fenomeni cosismici (che aiutano a capire cosa è avvenuto e i danni ambientali e agli edifici). Trovate il rapporto preliminare qui.
La zona dei rilievi è quella del quadrilatero Mirandola, Camposanto, Bondeno e Sant’Agostino, tutti comuni del modenese e ferrarese, area scelta grazie alle notizie arrivate via internet e alle segnalazioni degli abitanti. Gli eventi cosismici (generalmente lesioni ad edifici, frane, fagliazioni superficiali, assestamenti, tsunami, ecc…) rilevati fino a questa mattina sono in sostanza tre:
1) Fenomeni di liquefazione. Sono in pratica fuoriuscite di sabbie attraverso i possibili condotti superficiali, quali ad esempio i pozzi da cui si estraggono le acque di irrigazione, manufatti nei centri abitati, sporadici rigonfiamenti e sprofondamenti del terreno. Si tratta di un fenomeno già noto nei comuni di San Felice sul Panaro, Sant’Agostino e Bondeno.
2) Fratture aperte con rare fuoriuscite di sabbia.
3) Tra Bondeno, Mirabello e San Carlo fratturazioni con fuoriuscite di sabbia lunghe anche decine di metri.
Prima dell’evento di oggi e di quello del 20 maggio l’ultimo evento sismico nella zona risale al terremoto di Ferrara del 1570-1574. Dopo la scossa di stamattina gli eventi sismici continuano, sono 53 gli eventi con magnitudo compreso tra 3 e 5. Il presidente dell’INGV ha fatto inoltre presente che la faglia che ha iniziato a rompersi il 20 maggio, e da cui un altro pezzo si è staccato questa mattina, si romperà del tutto nei prossimi giorni. Benché gli eventi futuri saranno, nella norma, di minore entità, non è purtroppo possibile escludere scosse di magnitudo simile a quella registrata questa mattina.
30 maggio – Sempre secondo i sismologi dell’INGV, la zona colpita dal terremoto è un’area in cui i fenomeni sismici sono di lunga durata (non a caso le cronache del XVI° secolo parlano di un fenomeno durato 4 anni), ma le scosse future non supereranno il magnitudo 6.
È stato inoltre reso noto il rapporto sui rilievi effettuati sugli edifici dopo il terremoto del 20 maggio. Si parla di “danno diffuso da moderato a grave” anche per alcune località al centro del terremoto di ieri, quali Mirandola, San Felice sul Panaro e San Carlo. Gli edifici più moderni e i centri abitati in genere hanno in subito pochissimi danni, mentre ad essere colpiti gravemente sono stati gli edifici storici, i capannoni a uso industriale e alcuni vecchi edifici rurali (cascine, casali, fienili).
Il modenese è il polo per eccellenza dell’industria biomedicale, dell’imballaggio e della meccanica, oggi questa zona è in ginocchio anche economicamente.