Chiamatela come volete, ma io ho avuto paura, quel giorno dell’attentato a Brindisi.
Per tutto il giorno, forse angoscia, forse rabbia. O magari terrore.
Perchè anche i giorni seguenti, quando al telegiornale annunciavano una “terribile notizia”, un tragico evento, ecco che il cuore iniziava a pulsare forte, ecco che la mente cadeva nell’ombra più nera, pronta a sentire la notizia di un’altra bomba, un’altra strage.
Ancora non si sa cosa sia veramente successo quel giorno a Brindisi, o meglio: non si sa perchè sia successo, chi lo ha voluto e perchè.
Sono sempre stato contrario al “parler pour parler”, ai vaneggiamenti, ai complottismi, alle ipotesi fantasiose.
Però, sommersi da notizie tanto veloci quanto provvisorie, talvolta faziose, finanche moleste, non dobbiamo mettere da parte il nostro senso critico.
Io ci ho pensato e ripensato, non per ozio ma perchè non riuscivo a distrarmi, ad andare avanti come se non fosse successo nulla.
L’ipotesi di tentata strage mafiosa.
Tante le coincidenze: il nome della scuola, i giorni in cui è avvenuta, il passaggio della carovana di libera, la conclusione di recenti e importanti indagini.
Altrettante, però, le contraddizioni: la mafia è molto più pratica di quel che si pensi. Se uccide lo fa generalmente per lanciare un messaggio ben preciso, per sbarazzarsi di potenziali testimoni, per eliminare personaggi scomodi. Evita, finchè possibile, gesti clamorosi, che non fanno altro che alzare l’attenzione mediatica e il livello di guardia delle istituzioni.
(Non a caso molti guardano alla strage di Capaci e di via D’Amelio come un gesto estremo della mafia messa alle strette, ed infatti ci fu una durissima risposta da parte dello Stato).
E poi, quale mafia? A quanto pare non è implicata la Sacra Corona Unita, che del resto con questo gesto avrebbe compromesso ogni suo legame con il territorio.
Un’ “incursione” di Cosa Nostra in Puglia? Molto strano.
Tante personalità dell’antimafia, a partire dal Procuratore Nazionale Antimafia Grasso, hanno espresso questi dubbi circa la matrice mafiosa.
Una delle poche, ma per me importante, voce fuori dal coro è quella di Nando dalla Chiesa, che invita a non scartare tanto facilmente la pista mafiosa. Di certo su una cosa ha ragione: non fa mai male manifestare contro la mafia. Fa male dire che “la mafia non uccide i bambini”, perchè è una tragica menzogna, e basterebbe chiederlo alle madri delle vittime. Fa male pensare che “non è mai la mafia”, come se ci fossimo già dimenticati di Falcone e Borsellino.
L’altra pista: il terrorismo.
Si, forse, oppure no. Del resto è questa la tragica chiave del terrorismo: colpire in modo imprevedibile, apparentemente casuale, in modo che nessuno possa sentirsi sicuro, tutti si sentano costantemente sotto tiro.
Solitamente, però, c’è una rivendicazione, che non è ancora arrivata.
Rimane, poi, ancora un dubbio: è evidente che per come è stato architettato l’attentato era più che prevedibile che inizialmente si attribuisse l’attentato alla mafia. Come del resto la bomba di Piazza Fontana inizialmente poteva sembrare un atto degli anarchici, invece i processi hanno poi chiaramente indicato la pista dell’estrema destra veneta.
Io mi chiedo: quale organizzazione ha interesse a sviare le indagini “contro” la mafia?
Non vedo una controparte della mafia allo stesso modo come negli anni ’70 si potevano contrapporre estrema destra e estrema sinistra.
O meglio, non voglio ammettere chi potrebbe essere questa controparte…
Forse sono andato anche troppo lontano con le mie sensazioni personali.
Chiaramente non ho la sfera di cristallo, ma ho la presunzione di aver evidenziato le criticità di entrambe le attuali piste circa l’attentato di Brindisi.
In attesa delle indagini, che non toccano a noi, non possiamo fare altro che rimanere vigili, non lasciare che lo sgomento, le lacrime ci offuschino la vista.
Al contrario, dobbiamo restare uniti, perchè qualsiasi cosa sia, è un attacco a tutta la società.
E bisogna rispondere insieme.