Dice che la goccia che ha fatto traboccare il vaso sia stato il titolo “Parmacotti“, all’indomani della vittoria a Parma di Pizzarotti, simbolo dell’appiattimento del giornale sulla linea Grillo. Ma anche l’estromissione di Giorgio Poidomani dal CDA (quello dei 10 milioni di fatturato), riempiendo il CDA di fiduciari, e la destituzione di Roberto Corradi in favore di Stefano Disegni. Queste, in breve, le motivazioni della dipartita di Luca Telese da Il Fatto Quotidiano, che da mesi aveva ingaggiato uno scontro con Marco Travaglio proprio sulla linea del giornale.
Su una cosa Telese ha ragione: la mission del Fatto si è conclusa. O meglio, oramai, a parte qualche inchiesta illuminata, il profilo culturale del quotidiano è pari a zero. Se fossi stato un esclusivo lettore de Il Fatto Quotidiano, ad esempio, non avrei saputo che il 25 maggio scorso era il 90° anniversario della nascita di Berlinguer (tanto evocato per sparare contro Bersani, ma mai elogiato degnamente) e, soprattutto, che Pisapia gli intitolava una piazza (dopo i titoloni contro Piazza Craxi a Milano, forse due righe di spazio le potevano trovare). Nemmeno la Redazione web ha scritto nulla, così come la troupe video che ci delizia con i video più strampalati: e dire che loro si trovano proprio a Milano.
L’unico quotidiano che abbia ricordato in più occasioni la ricorrenza, con correttezza di informazione, sono stati Andrea Senesi e il Corriere della Sera. Per il resto, da Repubblica fino all’Unità (uscita con un modesto inserto il giorno dell’anniversario) silenzio di tomba. Lo stesso Travaglio, che pure nel suo spettacolo Promemoria chiude con le parole di Berlinguer, non si è degnato di scrivere due righe.
Lo stesso, del resto, accadeva già nel 2010 in occasione del ventennale della morte di Sandro Pertini: tanta fanfara per il decimo di quella di Craxi, manco una riga per quella di Pertini (che cadeva il 24 febbraio… dopo le mie proteste di abbonato e lettore e un aspra litigata con alcuni giornalisti de Il Fatto, il 6 marzo rimediarono con una toppa).
Il progetto di Telese, di certo ambizioso (20 pagine di giornale, 1,50 euro il prezzo, redazione di under 35), vede la partecipazione di altri due giornalisti del Fatto (Federico Mello, Manolo Fucecchi), Francesca Fornario (L’Unità), Tommaso Labate (ex-Riformista) e Stefania Podda (ex-Liberazione). Tra le grandi firme, Ritanna Armeni, Corrado Formigli, Mario Adinfolfi e, qui sta la vera novità, Marco Berlinguer, figlio di Enrico e cognato di Telese. Tra gli azionisti ci sarà anche Fiorella Mannoia.
E’ presto per dare un giudizio su “Pubblico”. A giudicare dai primi nomi, però, sarà una riedizione del Riformista spostato un po’ più verso le posizioni di Vendola. Ammirevole, per carità. Da ex-lettore e abbonato del Fatto da oramai un anno, però, io poco ci credo.
Effettivamente “ilfatto” è diventato un giornalino di pettegolezzi e di censure fasciste. Basta scrivere un commento non gradito al “moderatore” per non vederlo mai pubblicato. Commenti che non contengono ne minacce ne turpiloquio, semplicemente dissente dalla linea del giornaletto. A me hanno addirittura inibito l’accesso al sito, per aver scritto che non avrei più comprato un giornale che di fatto esercita la dittatura!