Dunque, MACAO, alla fine, andrà alle ex-Officine Ansaldo. L’acronimo esatto è OCA (Officine Creative Ansaldo), ma a ben vedere a MACAO hanno fatto la figura dei polli.
Abbiamo sostenuto sin dall’inizio la battaglia di MACAO della liberazione degli spazi occupati dal nulla a Milano, in modo che potessero essere restituiti alla città (ah, notizia di servizio: Ligresti è fallito, quindi la Torre Galfa in ogni caso non gli serve più). L’errore madornale, però, di andare ad occupare Palazzo Citterio, di proprietà dello Stato, anziché eventualmente “liberare” un qualsiasi altro spazio comunale lo hanno pagato sia in termini di consensi alla propria causa che di partecipazione.
L’oceano di persone che discutevano, si confrontavano, facevano cultura, si è ridotto a nemmeno un centinaio di persone. Morale? Oggi pomeriggio MACAO, come ha annunciato prima Boeri ieri sera ad un incontro sulla legalità e poi gli stessi ragazzi del collettivo dalla propria pagina facebook, parteciperà ai tavoli di discussione di OCA, con grande figuraccia annessa.
Difatti, fare la voce grossa con la giunta (che pure in un anno ha dormito sugli allori, e i risultati si son visti: al primo anniversario di Pisapia Sindaco si è passati da 100mila a 150 persone in piazza) e poi abbassare le orecchie perché ci si è politicamente isolati da soli, non è stata una gran mossa.
Vedremo se OCA sarà veramente un fulcro propulsivo dell’arte e della creatività per una Milano che, a parte per la toponomastica e la circolazione, culturalmente non è per nulla cambiata. Nel frattempo, MACAO (non) meravigliao.