Ricapitoliamo. Stando agli insulti che abbiamo ricevuto da un po’ di troll che nella vita reale millantano (o lo sono per davvero) elettori del Movimento Cinque Stelle saremmo, in successione: venduti, stronzi, bastardi, coglioni, merde, mafiosi, infami, servi di Bersani, troie, invidiosi, cacasotto, finanziati da De Benedetti, finanziati da Rcs (avete visto come navighiamo nell’oro?) e, chiaramente, ignoranti della storia.
Della serie: peace & love, rispetto dell’avversario, argomentazione ragionata delle proprie posizioni, propensione al dialogo.
La caterva di insulti deriva da un mio articolo titolato “Fascista a sua insaputa?“, in cui prendevo un testo di Mussolini del fascismo delle origini, quello di San Sepolcro del 1919 per intenderci, sostituivo “fascismo” con “m5S” etc. e a leggerlo sembrava identico ad uno dei comunicati politici a cui il comico genovese ci ha abituati sul suo blog. “non-statuti, politica non politicante” etc., tutta roba da far cascare la mascella.
Le reazioni dei grillini sono state di due tipi: quelli ai vertici (che conosco tutti, perché uno non è che parla di cose che non conosce, uno li frequenta e li studia, con vivo interesse) semplicemente non mi hanno risposto perché “mi vogliono bene” (ringrazio, ma anche io voglio bene a loro, ma non mi tiro indietro a fargli notare certe contraddizioni), il grillino medio invece si è scatenato con la tipologia di insulti illustrata sopra.
Già in un’occasione avevo spiegato che la democrazia dal basso tanto millantata da Grillo nel M5S non era tale, se confrontavamo alcune caratteristiche del movimento ai veri movimenti a democrazia diretta che esistevano nel nord Europa (e anche in quel caso, nessuna smentita delle mie parole, ma solo insulti).
Quello che vorrei far capire agli amici del Movimento Cinque Stelle (che come lista ho pure votato alle amministrative di Milano l’anno scorso, pur votando per Pisapia sindaco) è che finché loro lavorano (e anche bene, si guardi l’ottimo lavoro di Mattia Calise in Consiglio Comunale) e poi Grillo con le sue sparate, chessò, sulla mafia, sul voto agli immigrati, sui complotti contro la Lega, distrugge quello che riescono a costruire, bhè, insomma, il problema si pone. Perché la figura che ci fanno non è dissimile a quella dei tanti militanti degli altri partiti che, poveri, devono continuamente subire le giravolte e gli errori madornali della propria dirigenza (si pensi alla sofferente base del PD con i pubblici elogi della Finocchiaro alla Fornero sulla pessima riforma del lavoro).
Se è vero poi che di squadracce para-fasciste a cinque stelle in giro non se ne sono viste, come si possono definire, appunto, i gruppuscoli organizzati di persone che vanno contro chi manifesta il proprio dissenso, insultandolo, diffamandolo, irridendolo alla stessa maniera con cui venivano irrisi in Parlamento antifascisti come Gramsci, Matteotti e Pertini da Mussolini e soci? Non è squadrismo 2.0 quello? Certo che lo è.
Per carità, non è presente solo nel Movimento Cinque stelle: è caratteristica comune alla maggioranza dei militanti trinariciuti presenti in ogni dove. Ma i 5 Stelle non dovrebbero essere diversi? La diversità comunista di uomini politici come Berlinguer, Pajetta, Ingrao, era dovuta a questo: ogni loro atto in pubblico come nel privato era finalizzato a dare l’esempio ai propri compagni, che di riflesso si comportavano allo stesso modo.
Per concludere, come diceva Enzo Biagi, la colpa non è dello specchio, ma di chi ci sta davanti. Se lor signori non si piacciono o pensano che lo specchio deformi l’immagine, non lo rompano scaraventandogli addosso una miriade di insulti, ma si fermino ad argomentare. Noi lo sforzo lo facciamo, possono farlo anche loro. O ci tengono proprio ad omologarsi ai militanti degli altri partiti?