Oggi l’Assemblea Nazionale del PD doveva, tra le altre cose, definire cosa fosse meritevole di entrare a far parte del programma di Governo della prossima legislatura e, in questo contesto, in questi giorni molto si è dibattuto sulla questione del riconoscimento dei diritti civili.
La tensione sul tema tra la linea moderata rappresentata dalla Bindi e quella più progressista rappresentata da Paola Concia è stata alta ed evidente ovunque, sia durante dibattiti interni al Partito (la Bindi ha dato alla Concia della “estremista rompico***”durante una riunione del Comitato Diritti) sia esterni e aperti al pubblico (la presentazione del libro della Concia, avvenuta lo scorso Mercoledì a Roma, si è trasformata nell’ennesimo sbotto bindiano di nervosismo, autoglorificazione, supponenza e perbenismo… A quello stesso tavolo sono sembrati più di sinistra la Carfagna e Fini che non la presidentessa piddina!).
Ciò che è accaduto oggi durante l’assemblea è qualcosa che di democratico ha ben poco: l’ordine del giorno della Concia dedicato al matrimonio omosessuale non è stato posto neppure in votazione non degno del programma del Partito e neppure di una discussione, mentre il documento della Bindi ha trionfato quasi all’unanimità raccogliendo un dissenso di appena 40 voti, dimostrando ancora una volta che ormai la linea del partito è più quella moderata che non altro.
Il tutto avviene mentre si registra una sfiducia dell’elettorato prossima a vette mai raggiunte prima, questo perché il PD ormai non si pone più come soggetto credibile né davanti ai propri elettori né davanti alle associazioni (né, in alcuni casi, davanti ai propri stessi iscritti – durante l’Assemblea un delegato, prendendo la parola, ha palesato la sua intenzione di restituire la tessera) a cui comunque continua a chiedere incondizionato appoggio.
Non è un caso che qualunque soggetto (sia esso persona fisica o giuridica) si trovi ad avere il Partito Democratico o la sua giovanile come interlocutori, dopo aver ascoltato le varie parole proferite, non fa che sollevare una sola e semplice domanda: la questione UDC (e, naturalmente, le conseguenze dell’insana corsa verso il centro).