Quest’anno il Premio Nobel per l’economia è stato assegnato a Lloyd Shapley e ad Alvin Roth. Il primo è un matematico di 89 anni, docente emerito dell’Università della California di Los Angeles. Alvin Roth (classe 1951) invece è un professore di economics e business administration presso l’Università di Harvard e da poco professore presso l’Università di Stanford.
Il comitato che assegna il prestigioso premio dedicato ad Alfred Nobel ha motivato la sua decisione dichiarando che i due studiosi si sono distinti per il loro contributo alla teoria stabile delle allocazioni e all’analisi sulla configurazione dei mercati.
Solitamente, l’economia è vista come una scienza “fredda” e molte volte incapace di dare una soluzione ai problemi che riguardano la quotidianità delle persone. Appare una scienza distante e poco pragmatica, in particolar modo se si fa riferimento ai modelli teorici oggetto di studio da parte degli economisti che si occupano di problematiche microeconomiche e macroeconomiche.
Roth e Shapley hanno dedicato la loro vita allo studio della teoria dei giochi e alla sua applicazione. Questa teoria è stata sviluppata per la prima volta negli anni ’40 da John von Neumann e Oskar Morgenstern, anch’essi rispettivamente matematico ed economista. A livello universitario e accademico la teoria è spiegata servendosi del dilemma del prigioniero. Si ipotizza che vi sia una situazione che vede due “giocatori” (in questo caso i prigionieri) scegliere le strategie a loro disposizione (in questo caso confessare o non confessare) e di conseguenza i payoff associati alla combinazione di strategie (che sono rappresentati dagli anni di pena che i prigionieri devono scontare). Il gioco in questione vede la presenza della strategia dominante, ossia di una strategia che fornisce i migliori risultati indipendentemente dalla strategia scelta da un avversario. Nel caso preso in considerazione, la strategia dominante è confessare perché la pena sarebbe minima per entrambi i prigionieri.
Sembra assurdo che questa teoria possa dare un contributo al problema delle allocazioni delle risorse. Eppure, una sua variante si rivela di aiuto. Ci si chiede quale sia il sistema più efficiente per allocare le risorse scarse. La storia ci ha dimostrato come l’intervento dello stato sia la soluzione più immediata per rispondere a questa domanda (si pensi all’Urss) ma le privatizzazioni che hanno caratterizzato la politica economica europea negli anni ’80, hanno smentito l’intervento massiccio dello stato nell’economia in quanto l’individuo non riusciva a raggiungere una situazione di benessere ideale (in pratica non raggiungeva la massima efficienza). Si era in presenza di società fortemente egualitarie, ma povere.
In alcuni contesti, però, non esiste il mercato. Uno di questi è il matrimonio. Si pensi anche ai meccanismi di selezione degli studenti nelle università o a come associare un donatore di organi a un paziente. Non ci sono i prezzi che funzionano da vettori. Attraverso un algoritmo (fondamentale sono gli studi matematici che negli Usa vanno a braccetto con quelli economici) i due premi Nobel hanno cercato di dimostrare quale sia il modo migliore per associare la domanda all’offerta (importante anche lo studio della probabilità).
Alcuni di questi studi sono già stati messi in pratica. Il merito è quello di avvalersi della matematica (scienza esatta) e dei modelli apparentemente astratti che potranno orientare in maniera concreta le scelte di ognuno di noi.