Ammonta a cinque milioni di euro il valore del patrimonio sequestrato dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia) di Trapani. Beni riconducibili a Leonardo Ippolito, 57 anni, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Castelvetrano avente ruolo di spicco nella complessa rete di favoreggiamenti per la latitanza di Matteo Messina Denaro. Tra i beni finiti sotto sequestro troviamo un compendio aziendale di una ditta individuale, fabbricati, terreni, diverse autovetture e un’imbarcazione da diporto.
Ippolito, definito «elemento organico della famiglia mafiosa di Castelvetrano» dal colonnello Giuseppe D’Agata, capocentro della Dia Palermo, avrebbe svolto il ruolo di braccio esecutivo del boss. Dunque, un vero e proprio “messaggero”, che fedelmente eseguiva gli ordini giunti attraverso pizzini da Denaro.
Sì, proprio lui, Matteo Messina Denaro. Latitante dal giugno del 1993, ritenuto dopo l’arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo (avvenuto nel 2007), al vertice della cupola mafiosa di Cosa Nostra. E’ senza alcun dubbio il vero destinatario del provvedimento di sequestro dei beni nei confronti di Leonardo Ippolito.
L’officina di Ippolito, luogo del sequestro, risulta dalle indagini un punto chiave per diversi summit di mafia filmati e intercettati dalla sezione antimafia della Squadra Mobile di Trapani. Si parlava di tutto e di più, anche di politica. Proprio in occasione delle elezioni politiche del 2006 e del 2009, sono state riportate intercettazioni dagli investigatori in cui i boss millantano la «lista di Silvio Berlusconi» come la più appropriata alla salvaguardia dei loro traffici illeciti.