Ohibò, ora chissà come si giustificheranno. Magari qualcuno dirà che, in fondo, il concetto è giusto, che noi abbiamo paura (del ritorno della dittatura dell’Uomo della Provvidenza? Sì, parecchio), che siamo morti, che facciamo schifo, che dobbiamo andare in galera e che dobbiamo morire.
Per la cronaca, evito di riportare per intero tutta la sequela di insulti che ho ricevuto, in pubblico e in privato, e non è detto che vada per vie legali in alcuni casi. Sta di fatto che, cronache del “biennio nero” alla mano, non sono dissimili dalle incursioni squadriste dei fascisti di Mussolini, in versione 2.0.
Perché quello che dimenticano lor signori, quando parlano di fascismo, è che non è affatto un’ideologia: è un modo d’essere, un comportamento, con caratteristiche ben precise e dal linguaggio inequivocabili. Norberto Bobbio parlava di “democrazia dell’applauso“, Montanelli di “democrazia da balcone“. Tutte e due si basano sul culto del capo carismatico, altresì detto “uomo della Provvidenza“, che ha sempre ragione, che è intoccabile, che non è fallibile. Un semi-dio in terra, insomma. Per essere fascisti non occorre aver letto un libro base, come invece deve, ad esempio, qualsiasi “comunista” che abbia la pretesa (un po’ vana) di esser tale oggi, leggendo il Capitale di Marx.
Ebbene, a proposito delle identità di vedute del Mussolini dei programmi di San Sepolcro (1919), avevo pubblicato nel maggio 2012 questo articolo, con un titolo diverso (La risposta di Grillo al Financial Times), condiviso e diffuso enormemente dai grillini, che commentarono festanti sul nostro blog la bellezza di quella risposta. “Bravo Beppe, in poche righe hai sintetizzato l’anima del Movimento.“
Peccato che a parlare non fosse Beppe Grillo, ma, appunto, Benito Mussolini: avevo sostituito “fascismo” con “Movimento 5 Stelle” e “fascisti” con “attivisti a 5 stelle”. Quel pezzo non era assolutamente dissimile da quelli solitamente pubblicati sul blog di Grillo. Si scatenò il putiferio, ovviamente, e anche allora ci furono minacce di morte. Del resto, cosa fosse il fascismo, ce lo aveva già spiegato Antonio Gramsci.
Anche ultimamente ci dicono che quello che diceva Mussolini era giusto, in fondo, e che nessuno avrebbe saputo cosa avrebbe fatto dopo: peccato che già allora i fascisti devastassero le case del popolo, le camere del lavoro, facessero scorribande di ogni tipo, del tutto impuniti. Non siamo (ancora) alla violenza fisica, ma a quella virtuale sì: gli insulti, le minacce, le accuse, la violenza verbale, sono tutti ingredienti che servono ad intimidire, a creare il clima di “terrore”. O sei con noi o sei un venduto, un nemico del popolo: la diversità d’opinione è vista come una malattia mentale (anche quest’accusa mi sono preso).
Dunque, le parole di Beppe Grillo: “Arrendetevi, siete circondati!“, si muovono sulla stessa linea. Anche perché, ora, qualcuno ha riportato a galla questo vecchio articolo del Corriere della Sera, datato 1 aprile 1993, in cui si riferisce che lo stesso identico slogan fu usato dai giovani missini contro gli allora parlamentari, in piena Tangentopoli:
“Un centinaio di giovani fascisti appartenenti al Fronte della Gioventù ha dato vita ieri a una pesante contestazione all’ingresso di Montecitorio. Le braccia tese nel saluto romano, al grido di “Boia chi molla”, i giovani missini hanno tentato di aggredire i deputati che stavano entrando alla Camera. Tra slogan, spintoni e lanci di monetine, ne e’ nata una gazzarra che ha avuto momenti di tensione.
Alla fine, un’ora dopo, i segni dell’accaduto erano evidenti: l’elegante vetro smerigliato dell’ ingresso di Montecitorio è incrinato. E nella confusione di telecamere, carabinieri e semplici curiosi, le facce degli onorevoli erano a dir poco sbigottite. Immediata è esplosa la polemica sul mancato intervento delle forze dell’ ordine. I gravissimi incidenti si sono verificati alle quattro del pomeriggio quando, all’improvviso, piazza Montecitorio viene invasa da un centinaio di ragazzi appartenenti al Fronte della Gioventù.
“Chiamateci pure fascisti. Ci fate un favore”, grida subito subito uno dei capifila. Sotto il giubbotto indossano tutti una maglietta con un’ eloquente scritta rossa: “Arrendetevi. Siete circondati”. Il folto gruppo si e’ avvicinato all’entrata della Camera. A un passo dal picchetto d’ onore i missini si sono presi per mano formando un cordone per impedire l’ accesso a chiunque. Nel frattempo, dal portone di Montecitorio, sono usciti i responsabili politici della contestazione: i deputati del Msi si sono subito uniti alla gazzarra che stava per incominciare. Teodoro Buontempo, il “piccolo grande uomo” come lo chiamano i suoi fans a Roma, e’ uno dei più scatenati.
Con lui ci sono Maurizio Gasparri, Giulio Maceratini, Nicola Pasetto, Raffaele Valensise e altri. A ritmo da stadio, partono gli slogan. E non sono certo di cortesia. “Ladri, assassini”, “Ma quale immunità parlamentare. il popolo, il popolo. vi deve giudicare”. Ce n’è anche per il senatore a vita inquisito dai magistrati di Palermo. “Andreotti in galera!” urla a squarcia gola il Fronte della Gioventù. E il solito, lugubre slogan: “Boia chi molla, è il grido di battaglia”.
Dico, di cosa c’è bisogno, di un altro Matteotti per capire la vera natura del grillismo, che all’inizio poteva essere davvero qualcosa di innovativo, se non altro per spingere il sistema a riformarsi (e in parte l’ha fatto), ma che ora è degenerato in quello che è oggi?
Di fascista Grillo ha ben poco, e per essere tali di certo non bassa imitare l’invettiva di Mussolini. Potrà al massimo essere definito un populista con mire dittatoriali, al pari di un Cromwell o di un Robespierre.
E poi, come si fa a dire che per essere fascisti non ci sia bisogno di leggere libri o trattati? E gli scritti di Gentile? La “Dottrina Fascista”, scritta a quattro mani dal filosofo e da Mussolini? Gli scritti sulla mistica fascista di Giani, Spinetti e Carlini? Una persona di certo non può definirsi fascista solo per avere come suoneria “Faccetta Nera”.
Almeno, per una persona che si voglia avvicinare a questa idea, condivisibile o meno, è obbligata la lettura di Jünger, Marinetti, Ricci e D’Annunzio.
In ambito neofascista, basti pensare all’opera compiuta dall’ormai defunto Pino Rauti nei confronti dei giovani del Fronte della Gioventù, con l’irrompere dei libri nelle sedi missine e le letture appassionate di Degrelle, Codreanu, Evola e Romualdi.
Sarebbe meglio, prima di scrivere riguardo a un determinato ambiente, conoscerlo abbastanza approfonditamente, sempre e comunque mantenendo il proprio sguardo critico.