Lunedì abbiamo pubblicato un articolo sulla disastrosa e vergognosa irruzione da parte di cinque membri di “fermare Green Hill” alla Statale di Milano.
Ad essere sincera sono stanca di rispondere alle proteste di invasati animalisti sulla sperimentazione animale, è tempo perso e non porta da nessuna parte. Quello che però lunedì mi ha fatto davvero arrabbiare è stata la reazione di alcuni commentatori. Per comodità ve li riporto qui:
Parlare in questi termini di disobbedienza civile fa accapponare la pelle. Irrompere in un Istituto di Ricerca e provocare ingenti danni, non è assolutamente disobbedienza civile.
Partiamo dalle definizioni.
Terrorismo: forma di lotta politica che consiste in una successione di azioni criminali violente, premeditate ed atte a suscitare clamore come attentati, omicidi, stragi, sequestri, sabotaggi, ai danni di enti quali istituzioni statali e/o pubbliche, governi, esponenti politici o pubblici, gruppi politici, etnici o religiosi.
Disobbedienza civile: forma di lotta politica, attuata da un singolo individuo o più spesso da un gruppo di persone, che comporta la consapevole violazione di una precisa norma di legge, considerata particolarmente ingiusta, violazione che però si svolge pubblicamente, in modo da rendere evidenti a tutti e immediatamente operative le sanzioni previste dalla legge stessa.
Mi pare logico definire terroristica l’azione di Milano, così come si definisce disobbedienza civile l’azione di Rosa Parks che rifiutò di lasciare il posto a un bianco sull’autobus. Lei contravvenne a una norma perché ritenuta ingiusta …e senza il bisogno di dare fuoco all’autobus o alla patente dell’autista (a quanto pare è necessario precisare questo genere di cose).
Abbiamo anche qui in Italia un esempio di disobbediente, di cui presumo i commentatori di cui sopra poco o nulla conoscano: don Luigi Ciotti. Si tratta del fondatore del Gruppo Abele, dell’Associazione Libera e della LILA (nata nel 1987 come federazione di associazioni e gruppi che si occupavano di AIDS). Don Ciotti fu uno di quelli che all’entrata in vigore della legge Bossi-Fini sull’immigrazione promosse un’attività di disobbedienza e obiezione di coscienza, attraverso la quale le associazioni che avevano a che fare con l’immigrazione si impegnavano a non denunciare gli immigrati irregolari. In quell’occasione anche padre Alex Zanotelli (sulle orme del cardinale Mahoney di Los Angeles) si schierò senza se e senza ma dalla parte della disobbedienza.
Il padre della disobbedienza civile però è ancora un americano, Henry David Thoreau, incarcerato nel 1848 (pare per pochi giorni in realtà) perché rifiutò di pagare quelle tasse che andavano a finanziare la tratta degli schiavi e la guerra espansionistica statunitense ai danni del Messico. Da quella sua esperienza nacque un libro, una sorta di linea guida per la protesta nonviolenta. Nemmeno i principi dei disobbedienti sono sempre uguali a quelli dei terroristi: l’idea di base è che la protesta sia mirata a mettere in luce (e quindi poi a far modificare) una legge contraria ad altre norme (gerarchicamente superiori) o ai diritti umani.
Ad esempio se domani il nostro presidente dichiarasse deliberatamente guerra ad un altro Paese e un soldato si rifiutasse di parteciparvi, costui farebbe un atto di disobbedienza. Andrebbe cioè contro alla norma che lo vede sottoposto agli ordini del suo capo, ma rispetterebbe un valore ben più alto, che è quello dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Non è un esempio così peregrino, è quello che fanno i refusniks israeliani.
Dire che gli attivisti che hanno fatto irruzione alla Statale di Milano sono dei disobbedienti civili (o addirittura degli eroi) è falso, storicamente e linguisticamente. Inoltre è illogico pensare che attaccando un luogo di lavoro si possa dimostrare che una norma è illecita, è come se per far valere l’idea che la finanza è un mezzo di sfruttamento e impoverimento bruciassi la carta di credito del signor Mario Rossi o eliminassi i documenti che attestano che ha ricevuto un prestito dalla banca per comprare casa.
Una magra figura insomma per gli accaniti difensori di chi ha causato danni per centinaia di migliaia di euro, senza contare gli incalcolabili danni ai lavoratori, agli ammalati e agli animali liberati (molti sono immunodepressi, lo ricordo, e grazie ai loro “liberatori” moriranno nel giro di qualche giorno). Ma anche una magra consolazione per i ricercatori della Statale, per chi promuove la scienza e la cultura e per chi, come don Ciotti, ha combattuto tanto per la giustizia e oggi si ritrova ad esser messo sullo stesso piano di cinque teppisti.