Nel nostro paese si è tenuta la seconda grande tornata elettorale del 2013. Dopo le politiche e le regionali del febbraio scorso, ieri e l’altro ieri, 7 milioni di cittadini sono stati chiamati alle urne per le elezioni amministrative, ossia per il rinnovo del consiglio comunale e per l’elezione del nuovo sindaco. L’attenzione era puntata soprattutto sulla capitale, Roma. Ma la partita si è giocata anche in altre città importanti, come Brescia, Siena, Sondrio, Pisa, Vicenza e Treviso.
I risultati hanno completamente disatteso le aspettative. Vi sono alcuni dati importanti che balzano subito all’occhio. Vediamone alcuni. Innanzitutto il vero vincitore di queste elezioni è stato l’astensionismo: una grande percentuale di elettori si è astenuta dal voto, effetto probabilmente dovuto alla profonda crisi politica ed istituzionale che sta attraversando il nostro paese in questo periodo. La media dei votanti è stata intorno al 62%. Nella capitale il dato è ancora più preoccupante: hanno votato all’incirca un cittadino su due.
L’insediamento del governo Letta, il “governo dalle larghe intese“, figlio di una insostenibile situazione di stallo politico, prodottasi in seguito alle elezioni politiche di tre mesi fa, di cui la rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica ne è stato l’apice, ha delegittimato il voto popolare. Da una parte ha deluso tutti quegli elettori che hanno creduto nella sinistra, che hanno votato per un paese più civile, più europeo, meno povero, e soprattutto libero da Silvio Berlusconi. Dall’altra parte ha vanificato quel voto di protesta cavalcato da Beppe Grillo e dal Movimento 5 Stelle. Dopo aver ripetutamente gridato all'”inciucio”, gli esponenti grillini ed il loro capo si sono chiusi in se stessi, nelle loro beghe interne, attaccandosi a vicenda su argomenti quali la mancata rendicontazione delle spese effettuate o la riscossione di rimborsi che durante la campagna elettorale promisero che avrebbero rifiutato (famoso è il caso della riscossione della cosiddetta diaria, una spesa forfettaria che copre ai parlamentari alcune spese).
Questo è importante ai fini di comprendere il secondo dato: il tonfo elettorale del movimento 5 stelle, che non arriva al ballottaggio in nessuna città, dimezzando nel migliore dei casi i voti ottenuti durante lo “tsunami” delle politiche. A Roma il candidato del M5S, Marcello de Vito, che ha ottenuto il 12,5%, inizialmente convinto assieme a Grillo di un exploit elettorale, resosi conto della situazione si è scagliato contro i media colpevoli secondo lui di “aver avuto poco spazio in tivvù“. La debacle e la paralisi del movimento, oltre che alla poca trasparenza, sono evidenti, ma nonostante questo si continuano ad attaccare i giornalisti, rei di cospirare contro di esso in nome dei poteri forti e dei partiti tradizionali.
Ultimo dato interessante: il centrosinistra è nettamente in vantaggio praticamente ovunque nelle principali città. A Roma Ignazio Marino ha ottenuto il 42,6% contro il 30,3% del sindaco uscente Gianni Alemanno. Anche nelle altre città il distacco è notevole. In alcune città le coalizioni di centrosinistra hanno addirittura vinto al primo turno: questo è successo a Pisa, Sondrio e Isernia. A Vicenza, la candidata leghista Del Lago è stata battuta dal sindaco uscente Achille Variati. Vistosa è stata la pessima performance del Carroccio in tutto il Nord.
Nonostante tutti gli errori compiuti negli ultimi mesi, alcuni degli elettori si sono espressi per il cambiamento, per una sinistra forte, che governi, che riprenda le istituzioni.
C’è ancora molto lavoro da fare, nonostante tutto. Le persone dovrebbero tornare a credere nella politica. E soprattutto nel loro paese. Bisogna ripartire da queste elezioni per rifare la sinistra tutta da capo. Prima cosa da fare: andare a votare al ballottaggio e mandare a casa Alemanno (e tutti i sindaci di centrodestra).