Pisapia sosterrà Matteo Renzi a candidato premier del centrosinistra. E ha già scatenato un terremoto un po’ dappertutto. Certo, i renziani stanno esultando, ma il resto della coalizione ha i musi più lunghi che si può. Coalizione che, è bene sottolinearlo, a Milano è tenuta insieme da uno sputo, con il rischio che manchi ad ogni votazione il numero legale nell’aula di Palazzo Marino.
Il Vietnam di Pisapia si chiama bilancio in profondo rosso: Tabacci, l’ex-assessore, aveva giurato di aver sistemato tutto prima di andarsene, ma quest’anno ci si è ritrovati con 500 milioni di buco, 200 in più rispetto ad un anno fa. E non va meglio per l’Expo2015, che rischia di trasformarsi nella più colossale figuraccia italiana (com’è nella tradizione, attraverso un enorme spreco di soldi pubblici): e sul fronte delle infiltrazioni mafiose negli appalti, a quanto pare non siamo messi per nulla bene.
La situazione è talmente critica, che sono mesi oramai che giunta e maggioranza consiliare navigano a vista, con i ben noti risultati di gaffe, errori, proteste e malcontento generalizzato: dall’ordinanza sul divieto di mangiare gelati dopo la mezzanotte, alla chiusura della movida milanese all’1:30 (con la Moratti era fino alle 2:00), passando per i provvedimenti anti-chioschi notturni, fortunatamente cassati dal TAR. Rispetto a due anni fa, gli unici due provvedimenti azzeccati, ma non troppo, sono l’Area C e le domeniche a spasso. Un po’ poco per una giunta che aveva promesso di rivoluzionare Milano.
Tanto che a Palazzo Marino non hanno dubbi: nel 2016 Pisapia non si ricandiderà. Al suo posto sta già scaldando i motori l’attuale vice-sindaco, Lucia De Cesaris, tessera PD in tasca e sostegno a Bersani alle primarie. Il sindaco vorrebbe resuscitare il movimento arancione che l’ha portato alla vittoria per fare il salto nazionale, ma non si è reso conto che oramai gli errori macro-politici compiuti l’hanno completamente disintegrata: a partire dall’espulsione di Stefano Boeri dalla giunta, per incompatibilità caratteriale.
Ed ecco il punto: dopo l’ultimo rimpasto di giunta, i renziani avevano giurato guerra al primo cittadino milanese, non solo per aver espulso Boeri, ma anche per aver prima promesso e poi negato un posto in giunta ad Anna Scavuzzo, consigliera civica della lista Pisapia, ma con il cuore che batte per il primo cittadino fiorentino.
Ad un osservatore esterno, quindi, la decisione di Pisapia di sostenere Matteo Renzi alla premiership può sembrare incomprensibile, ma non per chi segue la politica milanese: il Sindaco di Milano sa che non può superare indenne il Vietnam del Bilancio in profondo rosso, con un pezzo del PD in Consiglio abbastanza consistente che gli faccia sgambetti ad ogni occasione utile.
La mossa di Pisapia è frutto di semplice tattica. Ma di sola tattica, come è ben noto, si muore. Infatti, la motivazione per cui “è la persona che può raccogliere più consensi, vincere le elezioni e portare il centrosinistra a governare con una maggioranza non risicata” è la stessa utilizzata dal PD contro Pisapia ai tempi delle primarie 2010 per la scelta del sindaco di centrosinistra: Boeri, infatti, era quello che poteva allargare la coalizione, perché più centrista. Eppure Pisapia, con un programma decisamente più a sinistra, ha vinto non solo le primarie, ma anche le secondarie.
Forse per andare oltre i vecchi schemi sarebbe il caso di liberarsi di quella concezione per cui l’importante è vincere, aldilà dei programmi e degli ideali. Perché il programma di Renzi non è progressista e non è soprattutto innovatore: si rifà a vecchie politiche bollite che non hanno più ragione di esistere, se non nella testa dei Giannino e compari (che non a caso vogliono fare l’alleanza col PD, in caso di vittoria del sindaco di Firenze).
Senza contare che Renzi, a differenza di Pisapia, era contro i referendum sull’acqua pubblica, tant’è che si è rifiutato di applicarli a Firenze. Con buona pace dei suoi proclama: “Il mio partito rispetta i referendum, anche quando dicono che il finanziamento pubblico va abolito.” Ma del resto, come direbbero gli antichi, “de gustibus non disputandum est“. E allora auguri alla nuova coppia di fatto della politica italiana.