Quando mi chiedono “cosa avrebbe detto Berlinguer” a proposito di questo o quello, evito sempre di rispondere: a meno che non si tratti dei problemi che affrontava anche lui (e ce ne sono parecchi di irrisolti, a partire dalla Questione Morale) trovo scorretto decontestualizzare quello che diceva a proprio uso e consumo (ad esempio, chi in questi giorni per legittimare il governo Letta-Berlusconi lo cita a casaccio sul compromesso storico).
Non so quindi rispondere alla domanda, se mi chiedessero cosa avrebbe detto Berlinguer a proposito di Giorgio Napolitano che dà indicazioni di voto a PD e PDL, esautorando il Parlamento de facto della sua sovranità, circa la fiducia o la sfiducia all’esecutivo o a suoi membri.
Non so nemmeno rispondere a proposito del PD che non voterà la sfiducia ad Angelino Alfano, mettendo davanti alla salvaguardia dei diritti umani le poltrone di governo dei soliti democristiani, onnipresenti in qualsiasi governo negli ultimi 62 anni (sarà per questo che l’Italia va male?). Alla fine, tutti starnazzano per guadagnare qualcosa al congresso o alle primarie, ma poi tutti si adeguano alla linea, per interessi esclusivi e personali.
Lo chiamano senso di responsabilità, ma si tratta di semplice atto di viltà. Le larghe intese durano da novembre 2011 e avevano un unico obiettivo: cambiare la legge elettorale. Faranno di tutto (e stanno facendo di tutto), ma state tranquilli che la porcata rimarrà porcata, magari ci aggiungeranno un tocco di rossetto.
Di una cosa, però, sono certo: per gli ideali che professava, per come si è comportato in situazioni molto simili, per la sua tensione morale e ideale, Enrico Berlinguer ora una cosa la sta facendo. Rivoltarsi nella tomba. Con buona pace dei suoi presunti eredi che una volta di più ne hanno stuprato la memoria, preferendo “i ponti d’oro” e “i posti di governo e sottogoverno” alla propria ragion d’essere (posto che, il PD, una ragion d’essere non ce l’ha mai avuta, se non quella di vincere le elezioni: e fino ad oggi le ha sempre perse).