Marcello Veneziani colpisce ancora. Non che se ne sentisse la mancanza, per carità, visto a cosa ci ha abituato negli anni. Poiché oggi (anche grazie al lavoro di un certo sito e all’inconsistenza politica di una classe dirigente) si torna a parlare di Enrico Berlinguer, allora l’intellettuale (si fa per dire) di destra sente la necessità di dire la sua anche su questo.
Ieri le sue parole sono state riportate a Virus di Nicola Porro, dove è stato trasmesso l’ultimo comizio di Enrico:
“Ma non vi pare di esagerare con Enrico Berlinguer? Via, non idealizzate il passato. Berlinguer merita rispetto, fu una figura dignitosa e austera, anche se ora vogliono negargli perfino la tristezza… Non fu un gigante né un liberale, ma un comunista per bene. Anche perché non andò mai al governo.” (1 settembre 2013)
No, non ci pare affatto di esagerare.
Lasciamo perdere gli appelli inascoltati su austerità e questione morale (non ci piace vincere facile), parliamo del fatto che quando tutti i leader occidentali (anche di sinistra) ragionavano di Est-Ovest e Guerra Fredda, il PCI di Berlinguer fu l’unico a porre i problemi del Terzo Mondo e a ragionare sulla frattura Nord-Sud (e a dire ben prima della rivoluzione iraniana del ’79 che il futuro avrebbe visto la questione araba in primo piano). Fu anche il primo leader europeo a chiedere la liberazione di Nelson Mandela, quando la Tatcher lo definiva “terrorista”. E il progetto di un’economia mondiale con Olof Palme, la valorizzazione della diplomazia dei popoli (contrapposta a quella degli stati), i movimenti della pace e la valorizzazione delle donne (non ci potrà mai essere la rivoluzione socialista in Italia, diceva, senza la rivoluzione femminile).
Certo, avendo Veneziani tra i suoi miti Bettino Craxi, si può ben capire perché non gli vada a genio l’onestà e la sobrietà di Enrico Berlinguer. Quella diversità che fece dire a Giorgio Bocca, anti-comunista convinto, “Ciao Ciao Enrico, eri un uomo vero” o ad Enzo Biagi “sentivi che credeva a quello che diceva“.
E la balla per cui Berlinguer non avrebbe rubato perché non è mai andato al governo è anche un po’ falsa: come dice lui stesso nell’intervista a Scalfari, durante la solidarietà nazionale la Dc gli aveva fatto i ponti d’oro per occupare pezzi di stato in nome della “pacificazione nazionale”, ma la sua risposta fu sempre no. Sarà anche per questo che rischiò di finire più volte in minoranza nel vertice comunista. E ovunque governò il PCI, con Berlinguer, la politica delle mani sporche non arrivò mai. Prova ne è anche il sistematico spionaggio del SISDE, i cui dossier furono ritrovati nel 1995 nell’ufficio di Bettino Craxi, e di cui il leader socialista non se ne fece mai niente: se ci fosse stato anche solo uno spillo fuori posto nell’armadio di Enrico, gli avrebbero scatenato contro l’inferno.
E non era affatto triste. Triste, semmai, è Veneziani che per difendere la sua malandata bottega si lancia in improbabili crociate di demolizione di uno dei più grandi statisti della storia repubblicana, i cui funerali sono stati i più grandi della storia d’Italia. Nessuno, in vita, ci riuscì mai. E a ben ragione non ci riescono oggi, soprattutto se chi ci prova è al livello di Marcello Veneziani.
P.S. Domani alle 21, alla festa nazionale del PD di Genova, presentiamo “Casa per Casa, Strada per Strada” con Marco Doria, Nando dalla Chiesa e Lorenzo Basso. E non parleremo certo di Berlinguer come farebbe chi ci prova a demolirlo da destra e, soprattutto, da sinistra.