Cosa succede oggi con il reato di immigrazione clandestina?
Ipotizziamo che trovino per strada un clandestino che cammina, lo fermino, lo portino in caserma, scrivano il verbale di arresto e, se il giudice di pace non tiene udienza, lo trattengano.
Comunicano quindi al pubblico ministero l’arresto, questi avvisa il giudice, che fissa udienza, avvisando l’avvocato di ufficio, attraverso il cancelliere.
Coloro che lo hanno arrestato conducono il clandestino in udienza, si celebra il processo e viene condannato a una ammenda solitamente di 2000 euro, che mai pagherà.
Finito il processo viene portato nel CIE più vicino, che può essere anche vicino 300 km: se c’è posto, altrimenti gli si notifica il decreto di espulsione e lo si rilascia.
Vediamo la cosa anche dal punto di vista, che non è il mio, repressivo: lo stato per infliggere una sanzione virtuale che nessuno pagherà mai, tiene occupato per molte ore 2 o 3 agenti di polizia locale o di pubblica sicurezza che quindi non svolgeranno altro servizio, occupa un giudice e un cancelliere che non potranno fare altri processi, paga un avvocato di ufficio.
Sia che la si ragioni dal punto di vista della repressione, sia che si ragioni in altro modo, solo un soggetto che non sa di cosa parla o che è immediatamente da rinchiudere in un manicomio può sostenere che il reato di immigrazione clandestina deve ancora esistere.