Anche Papa Francesco si è scagliato contro la corruzione, fenomeno dannoso e molto diffuso nel nostro paese. Sono oramai passati più di vent’anni da quando i carabinieri fecero irruzione al Pio Albergo Trivulzio di Milano, cogliendo in flagranza di reato il Presidente Mario Chiesa, socialista craxiano, nell’accettare una tangente di sette milioni di lire da parte di un imprenditore. Questo fu l’episodio che diede avvio alla famosa inchiesta di “Mani Pulite”, che scoperchiò la “Tangentopoli” del sistema politico italiano della Prima Repubblica, che coinvolgeva esponenti del mondo politico ed economico italiano. Ciò che venne a galla, tra il 1992 e il 1994, fu che Mario Chiesa non era una “mela marcia”, ma che tutto il sistema Italia poggiava sul clientelismo e sul malaffare. Alla base di questo sistema c’è la appunto la tangente, ossia una somma di denaro privato atta a corrompere membri della pubblica amministrazione al fine di aggiudicarsi appalti o corrompere testimoni. Qualcosa è cambiato da quel biennio, ed il nostro paese è meno corrotto rispetto a vent’anni fa? Purtroppo i dati mostrano una situazione non proprio piacevole.
Secondo l’organizzazione internazionale Transparency International, l’Italia figurerebbe al 72mo posto nella classifica mondiale della corruzione, al pari merito della Tunisia, e seconda in Europa solamente alla Grecia che occupa la 94ma posizione.
Secondo il rapporto stillato da Priece e Waterhouse per l’Olaf, l’agenzia antifrode europea, l’Italia sarebbe un paese gradito ai furbetti e agli amici di amici: innanzitutto, secondo tale rapporto, le possibilità che nel Belpaese un appalto pubblico sia gonfiato sono di circa il 10%, ossia il doppio rispetto alla Francia e circa il triplo rispetto all’Olanda. In secondo luogo bisogna segnalare che dei 120 miliardi di euro che la Commissione Europea stima che vengano sottratti ogni anno all’intera Unione Europea dalle tangenti, circa la metà, ossia 60 miliardi, sarebbero di “competenza” italiana. Il rapporto ha preso in esame otto stati europei, ossia Italia, Francia, Paesi Bassi, Lituania, Ungheria, Spagna, Polonia, Romania, ed è stato poi consegnato all’Europarlamento. Sulla base di questi dati è stato poi stimato che nel 2010 sono stati rubati dalla casse pubbliche circa 2,2 miliardi di euro, ossia il 3% del valore degli appalti: una cifra che purtroppo aumenta del triplo quando si parla del nostro paese.
Secondo il rapporto, su un livello di perfezione di 100 l’Italia si assisterebbe a 57, quasi come la Romania, il cui punteggio sarebbe di 55 (Mentre Francia e Olanda sarebbero rispettivamente a 91 e 97!) I punti deboli del nostro paese sarebbero proprio, sempre in base al rapporto, le gare truccate, ossia quelle gare d’appalto in cui il vincitore è già deciso in partenza, situazione che si verificherebbe nel 63% dei casi in cui vengono violate le regole. Il conflitto di interessi invece si assesterebbe solo nel 23% dei casi. Complessivamente il nostro paese avrebbe un indice di corruttibilità pari al 60%.
Inoltre, anche la lotta contro la corruzione in Italia sarebbe poco efficace: dal 2000 al 2006 l’Italia avrebbe scoperto solamente il 39% dei reati relativi alle frodi di bilancio.
Tutto questo accade sicuramente perché gli amministratori del nostro paese non sono né abituati né pronti a reagire alla corruzione, che si annida a tutti i livelli della pubblica amministrazione, dalle Circoscrizioni ed i Comuni (vedi il caso giornaliero di Adro) sino ai più alti livelli di Governo.
E se per Papa Francesco la soluzione è quella di “pregare” per la mancanza di dignità di coloro che hanno rubato e depredato le risorse del nostro Stato, per me e molti altri la soluzione sarà solo quella di capire una volta per tutte che la “questione morale” che poneva Enrico Berlinguer più di 30 anni fa è davvero “il centro del problema italiano”.