Ultimamente ho letto uno dei fumetti di Zerocalcare. Per chi non lo conoscesse è un fumettista romano che disegna, in modo ironico, la sua vita quotidiana dove si riflettono (e si riconoscono) le tematiche dei trentenni di oggi, una “generazione perduta”. Mi ha fatto molto riflettere il tema portante di tutto l’albo: galleggiare. Si galleggia in attesa di qualcosa che migliori la situazione. Prima si era tutti sulla nave che andava sicura per i mari (gli anni ’80), si guardava al futuro con ottimismo e un pizzico di incoscienza. Ci si fidava del Capitano al timone, simbolo di sicurezza: un po’ per ingenuità, un po’ per inesperienza. Chi avrebbe mai pensato che ci avrebbe portato alla catastrofe? Oggi la nave è affondata e ci si ritrova aggrappati ai pezzi del relitto, ciascuno come può contando solo sulle proprie forze. Qualcuno trova una zattera e ci si aggrappa perché è l’unica cosa disponibile, altri non ce la fanno e affondano.
Questa metafora descrive perfettamente quella generazione di italiani tra i 20 e i 40 anni. Persone in piena età lavorativa che dovrebbero costruire le fondamenta dell’Italia del domani. Secondo i dati Istat, in Italia la disoccupazione nella fascia di età tra i 25-34 anni è del 17.8% nel secondo trimestre 2013, con un picco del 30% nel meridione. Chi invece un lavoro ce l’ha, riesce a stare a galla, il che non significa poter solcare il mare della vita, scrutare l’orizzonte e scorgere la terra tra le nebbie del mondo. Si tira avanti pensando all’immediato, sperando che non arrivi un’onda anomala incarnata nelle cicliche crisi economiche che siamo abituati a vedere da un po’ di decenni a questa parte.
Secondo la Banca d’Italia, un trentenne di oggi guadagna il 12% in meno del reddito medio di un lavoratore italiano. Un trenntenne del 1977 ne guadagnava il 12% in più. Cosa è successo? Sicuramente un susseguirsi di incapacità politiche e interessi personali da parte della classe politica dagli anni ’70 ad oggi. Bisogna essere franchi: il ventennio berlusconiano ha buttato a mare le idrovore che avrebbero dovuto pompare l’acqua fuori dalla stiva della nave, ma l’equipaggio che si è avvicendato sul ponte di comando non è che abbia fatto tutte queste grandi manovre: ci si è limitati a godere della residua spinta propulsiva. Non si è avuto il coraggio di dare un colpo al timone e gas ai motori, impostando così la nave su rotte sicure, ma ci si è limitati a rimanere nella corrente su cui si stava viaggiando. Basti pensare al pacchetto Treu varato dal Governo Prodi nel 1997 che, prendendo atto del mercato del lavoro, ha di fatto istituzionalizzato il precariato in Italia. Il resto è storia recente: interventi una tantum buoni solo a convincere i furbetti che “alla fine la si passa liscia” (vedi i condoni e lo scudo fiscale di Tremonti), riforme scellerate il cui fine ultimo è stato quello di abbassare il livello intellettuale italiano (riforme Moratti e Gelmini sull’Istruzione) perché si sa, un popolo ignorante è più facile da governare.
A questo punto mi si potrà dire che è più di una la generazione galleggiante, quella in età lavorativa e quella che si appresta ad entrare nel mercato del lavoro (preferisco raggrupparle in due macro-insiemi). Giovani che difficilmente potranno avere un futuro migliore dei propri genitori e destinati a galleggiare perché le generazioni precedenti, con impeto individuailsta, si sono arrogati privilegi oggi negati. A chi mi dice: “Li votavamo perché, anche se mangiavano, facevano mangiare anche noi”, risponderei: “Alla fine vi siete mangiati tutto e a fine pasto avete venduto il servizio da tavola”.