Galles, 2o11: quattro minatori muoiono dopo essere rimasti intrappolati in una miniera inondata dall’acqua.
Gran Bretagna, 1984: il governo Thatcher getta sulla strada 20 mila lavoratori dello Yorkshire e dell’Inghilterra centrale. A seguito delle decisioni dei conservatori britannici viene indetto un lungo sciopero nazionale duramente represso dalla lady di ferro, in particolare a Orgreave, dove le violenze della polizia a cavallo scrivono una delle pagine più nere della storia europea.
Tra la prima guerra mondiale e gli anni ’30 sono invece ambientate le vicende della cittadina fittizia di Sleescale, modellata da Archibald Joseph Cronin sulla sua esperienza come medico ispettore nelle miniere del Galles. Le storie dei protagonisti ruotano attorno alla miniera Nettuno (Neptune Colliery): l’idealista e proletario David Fenwick, sostenitore della nazionalizzazione delle miniere, l’arrampicatore sociale Joe Gowlan e Arthur Barras, l’infelice rampollo del padrone della Nettuno, troppo insicuro per riuscire a imporsi con decisione sul padre a seguito del disastroso incidente in cui perdono la vita oltre cento minatori.
Cronin ha alle spalle una formazione medica, riconoscibile nella sua acuta capacità di osservazione e nel forte realismo delle sue narrazioni. Un libro ormai scritto ottant’anni fa, ma che riesce ancora oggi a mettere in luce problemi sociali mai risolti. La critica politica è impietosa, tanto quanto lo è la realtà: nel 1926 i minatori protestarono contro la decisione dei padroni di allungare l’orario del lavoro tagliando però i salari. Il primo ministro Baldwin trattò gli scioperanti come eversori e alla fine del suo secondo mandato il parlamento fece passare il Trades Disputes and Trade Unions Act che poneva enormi limitazioni alle libertà individuali e di associazione: i sindacati furono imbrigliati in una miriade di leggi e regolamenti, vennero messe fuori legge le manifestazioni di solidarietà dei cittadini coi lavoratori e si impedì ai dipendenti pubblici l’attivismo politico, in particolare era vietato loro iscriversi a un sindacato e al partito Laburista. Gli ideali dell’appassionato David Fenwick in questo turbolento contesto non possono che perdere amaramente la loro battaglia. Eppure essi riemergono ciclicamente nei luoghi e nei tempi in cui lo sfruttamento dei lavoratori e la connivenza dei governi provocano situazioni umane sociali disastrose.
Possiamo dunque convincerci che alcuni di noi credano ad ideali vecchi e superati come il buon Fenwick e che la via più moderna e appagante sia quella del sagace Gowlan. In realtà storie simili a quella di “E le stelle stanno a guardare” ci arrivano giornalmente dalle miniere dislocate in tutti i continenti: può la vecchia e storicamente fallimentare ricetta del conservatorismo liberale, tanto acclamata dai nuovi e nuovissimi leader politici italiani, essere la soluzione per dare un futuro al Paese? Può continuare a rispondere periodicamente alle necessità sociali di un mondo in crisi perpetua? Io credo che la tragica attualità del romanzo di Cronin ci ponga piuttosto di fronte alla scelta fra i vecchi sistemi ancora in vigore e quelli alternativi mai realmente attuati.
Il libro è ormai un classico della letteratura britannica e una narrazione di valore universale. In Italia è edito da Bompiani, all’ottava ristampa, nella un po’ datata traduzione di Carlo Coardi (che spero sia stata almeno in parte corretta), ma ha avuto un successo tale nel corso del ‘900 che non è difficile trovarne le vecchie edizioni nei mercatini dell’usato. Ovviamente è anche disponibile in lingua originale e in formato elettronico.