E’ ufficiale: non andremo mai più a votare con il Porcellum. E hai detto poco. Con il deposito delle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, la famigerata legge Calderoli è stata ufficialmente cancellata. Andiamo con ordine: lo scorso 4 dicembre la Corte Costituzionale si era pronunciata nel senso di parziale incostituzionalità della legge elettorale con cui siamo andati ad eleggere tre Parlamenti negli ultimi otto anni (2006, 2008, 2013).
In particolare l’illegittimità riguardava due specifici elementi della legge elettorale: il premio di maggioranza sproporzionato rispetto al tripolarismo (o multipolarismo) che si è venuto a creare nel sistema politico italiano; l’assenza della possibilità di scelta, da parte dell’elettore, del proprio candidato preferito da mandare in Parlamento. Dopo quella brevissima pronuncia, si erano scatenate decine di interpretazioni quantomeno curiose circa la legittimità dell’attuale Parlamento, a cominciare da uno scatenatissimo Beppe Grillo che sosteneva (grazie alle sempre lucide valutazioni dell’ideologo Becchi) l’illegittimità delle Camere.
Ora la Corte Costituzionale afferma a chiare lettere, invece, che le Camere sono legittimate a lavorare, legiferare, fiduciare, sfiduciare e cambiare legge elettorale. Dopo questa necessaria premessa si giunge al cuore della questione: in quali dettagli la legge elettorale del 2005 risulta illegittima? Sono dettagli non da poco, a dire il vero: primo, il premio di maggioranza previsto dal Porcellum è definito come “foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione e capace di produrre una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, perché non impone il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”; secondo punto, le liste bloccate per come sono previste dal Porcellum, sono talmente lunghe da alterare il rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti e finiscono per togliere agli elettori la libertà costituzionalmente garantita di elezione dei propri rappresentanti in Parlamento. Però, c’è un però: le liste bloccate sono illegittime solo se lunghe, come oggi; ben diverso discorso se fossero piccole circoscrizioni, con liste elettorali decisamente più brevi.
A questo punto ci si può chiedere: e se il Parlamento – ancora una volta – non produrrà una legge elettorale sostitutiva? No problem: la sentenza è cosiddetta autoapplicativa, cioè prevede che una volta cancellato il vecchio sistema elettorale resti in vigore un proporzionale puro, quindi senza premio di maggioranza e con la possibilità per l’elettore di esprimere una sola preferenza. E’, di fatto, un ritorno al sistema proporzionale puro vigente dal 1948 al 1994 (con la breve parentesi del 1953).
Però, cercando di essere ottimisti, una nuova legge elettorale dovrebbe presto nascere (è incardinata alla Camera per il 27 gennaio). Che dicono gli esperti? Molti di loro sembrano divisi tra Mattarellum e doppio turno: almeno questo è quanto emerso dalle audizioni sulla legge elettorale svolte in Commissione Affari costituzionali. Per Mario Dogliani, ad esempio, il doppio turno ha il vantaggio di affidare all’elettorato la decisione sull’assegnazione del premio di maggioranza; Andrea Morrone e Salvatore Vassallo, invece, hanno appoggiato il cosiddetto “Lodo Barbera” (dal nome del costituzionalista che lo ha proposto), vale a dire una specie di Mattarellum (usato in Italia nel 1994, 1996, 2001) che assegna il 75% dei seggi in collegi uninominali, a cui si aggiunge un “premio eventuale e variabile nell’entità” che permette al partito con più voti di ottenere la maggioranza dei seggi, mentre la restante quota servirebbe per garantire il “diritto di tribuna” alle forze minori.
Condivisa tra tutti i costituzionalisti è stata invece l’opinione che dopo la sentenza anche per il Senato sia possibile un premio di maggioranza assegnato a livello nazionale, purché la ripartizione dei seggi in più avvenga su base regionale. Gli esperti ascoltati hanno sostenuto che la sentenza lascia al Parlamento ampissimo campo aperto nella scelta del sistema elettorale da scegliere. L’unico “non del tutto convinto” è stato Zanon: per lui la sentenza, rifacendosi a un recente pronunciamento della Corte costituzionale tedesca, introduce un tendenziale orientamento verso il proporzionale rispetto al quale ci sarebbero dei limiti sui sistemi “distorsivi” impliciti nei modelli elettorali maggioritari e nei premi di maggioranza.
Che dire, le prossime settimane si giocheranno sul labile filo di tecnicismi decisamente appassionanti.