Viviamo in tempi curiosi. Tempi in cui esponenti forgiati dal fuoco di mille e decennali battaglie del movimento antimafia sono sotto attacco da una cricca ben organizzata sui social network, che gode dell’appoggio di qualche amico giornalista e di una schiera più o meno variopinta di casi umani che dalla sera alla mattina, senza saperne assolutamente nulla, hanno deciso di darsi alla lotta alla mafia.
Non si tratta nemmeno dei carrieristi dell’antimafia o dei cretini sociologicamente intesi (benché la percentuale abbondi tra le fila di questa curiosa armata brancaleone), qui siamo proprio di fronte ad apprendisti stregoni che si sentono in diritto di pontificare su fatti e concetti di cui non hanno conoscenza come se fossero gli unici depositari della verità. E così ti ritrovi in piazza nutriti gruppi di costoro che si fanno le foto con il nuovo eroe di turno, fa nulla se figlio di un mafioso e rinviato a giudizio per traffici illegali, oppure con deliranti post su facebook per difendere l’ennesimo boss pluri-omicida (divenuto santo perché pentito), mentre attaccano quelli che in silenzio e da decenni fanno la lotta alla mafia, quella seria, e, soprattutto, sono gli unici ad aver riportato qualche risultato sul fronte dell’antimafia c.d. sociale.
Ma la cosa meravigliosa è che costoro che difendono chi fino al giorno prima ha vissuto nell’illegalità si sentono in diritto e in dovere di immaginare cosa avrebbero detto i padri (uccisi dagli amici del loro nuovo “eroe”) sui figli che hanno osato mettere in dubbio la legittimità non della figura del collaboratore di giustizia in sé (difesa strenuamente quando la si doveva difendere in Parlamento), bensì su questo o quel collaboratore di giustizia amico loro. Il reato di lesa maestà, che queste stesse persone contestano nei confronti dell’attuale capo dello Stato, essi lo trasferiscono a pregiudicati, carrieristi e faccendieri di vario tipo, con i quali nessuno dei “veri eroi” dell’antimafia (quelli hanno pagato con la vita il loro impegno civile) avrebbe mai preso un caffè.
E allora direi che è forse giunto il momento di ignorarli ed espellerli prima che facciano metastasi dal movimento antimafia: loro, in quanto apprendisti stregoni, e i carrieristi e i cretini che a vario titolo difendono sui social network ad ogni ora del giorno e della notte. Perché se fossero antimafiosi seri, penserebbero a far qualcosa contro la mafia come organizzazione e la mafiosità come cultura sociale: non certo ad attaccare chi, ancora oggi, dà tutto se stesso per debellare il fenomeno mafioso e tutte le sue ramificazioni nella società.