Era il 24 febbraio 1990 quando Sandro Pertini, socialista, presidente della Repubblica tra il 1978 e il 1985, concludeva la sua degnissima vita di compagno, partigiano ed inflessibile servitore del Popolo. La sua carriera di politico e socialista è talmente piena di fatti e di azioni all’insegna del rigore morale, che per fortuna è morto prima di vedere come il suo Partito Socialista Italiano sarebbe finito, grazie alla guida spregiudicata di Bettino Craxi.
Quando scoppiò lo scandalo Petroli, Pertini era presidente della Camera e rilasciò una durissima intervista sul Corriere della Sera a Nantas Salvalaggio:
“Non accetterò mai di diventare il complice di coloro che stanno affossando la democrazia e la giustizia in una valanga di corruzione. Non c’è ragione al mondo che giustifichi la copertura di un disonesto, anche se deputato. Lo scandalo più intollerabile sarebbe quello di soffocare lo scandalo. L’opinione pubblica non lo tollererebbe. Io, neppure. […] Nel mio partito mi accusano di non avere souplesse. Dicono che un partito moderno si deve ‘adeguare’. Ma adeguare a che cosa, santa Madonna? Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo. Meglio allora il partito non adeguato e poco moderno. Meglio il nostro vecchio partito clandestino, senza sedi al neon, senza segretarie dalle gambe lunghe e dalle unghie ultralaccate… Dobbiamo tagliarci il bubbone da soli e subito. Non basta il borotalco a guarire una piaga. Ci sono i ladri, gli imbroglioni? Bene, facciamo i nomi e affidiamoli al magistrato”.
Parole eretiche allora, figuriamoci oggi. E quando, nello stesso anno, correva il 1974, i deputati della Camera provarono ad aumentarsi l’indennità, minacciò le dimissioni così: “Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione… voi date quest’esempio d’insensibilità? ‘Io deploro l’iniziativa. Entro un’ora potete eleggere un altro presidente della Camera. Siete 630, ne trovate subito 640 che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo…”. E alla fine l’aumento non passò.
Dei tanti episodi, vale la pena citare quello raccontato da Antonio Ghirelli a “La Storia Siamo Noi”: “Ricordo quando col Presidente andammo ai funerali di Guido Rossa, erano i mesi più brutti degli anni di Piombo. Terminati i funerali volle incontrare gli operai della FIOM (il sindacato di Guido Rossa), che allora era il più estremista, cercai di persuaderlo ma come sempre fu inutile. Andammo in un capannone alla periferia di Genova c’erano non meno di 300 operai, lui esordì così “Io oggi non sono qua come Presidente della Repubblica, ma come il compagno Sandro Pertini, io le Brigate Rosse le ho viste in faccia durante la Resistenza, quelle erano le vere Brigate Rosse! quelli di oggi sono solo dei codardi! ricordatevelo!” appena finì venne sommerso dagli applausi.”
E quando, di fronte a milioni di italiani, nel discorso di fine anno del ’79, dice: “Vi è un proverbio che si usa dire: che la moglie di Cesare non deve essere sospettata. Ma prima di tutto è Cesare che non deve essere sospettato. […] E ripeto quello che ho detto altre volte: qui le solidarietà personali, le solidarietà di partito, diventano complicità.”, riferendosi chiaramente alla P2.
E poi ci fu quell’ultimo toccante invito ai giovani da Presidente: “Voi giovani siete la futura classe dirigente del nostro paese, dovete quindi prepararvi per assolvere degnamente questo nobilissimo compito. Ebbene io, finché vita sarà in me, sarò al vostro fianco, nelle vostre lotte, giovani che mi ascoltate. Lotterò sempre con voi per la pace nel mondo, per la libertà e per la giustizia sociale.”
Ecco, noi giovani siamo la futura classe dirigente. Ricordiamocelo, qualche volta. Perché il compagno Pertini 24 anni fa ha lasciato il testimone: sta noi raccoglierlo nuovamente e far sì che la sua lotta non sia stata vana.