Il nostro Presidente del Consiglio, che nel suo discorso di insediamento 3 settimane fa non ha trovato necessario citare nemmeno una volta la parola “mafia” (salvo nella replica alla Camera) e non ha voluto dire niente circa le sue intenzioni sulla lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso, si è improvvisamente destato sul tema e il suo governo del “fare” si è subito messo all’opera. Come mai?
L’occasione l’ha data il triplice omicidio di Taranto, che ha creato un’attenzione mediatica senza precedenti semplicemente perché a perdere la vita, nel regolamento di conti, vi era anche un bambino di tre anni. Da padre Renzi dice di sentirsi addolorato per questa morte atroce e il governo, tramite Alfano, ha inviato 60 tra carabinieri e poliziotti per far vedere che lo Stato c’è e combatte… peccato che 60 unità in tutta la provincia di Taranto sia come una goccia nell’oceano e non è certo con provvedimenti estemporanei (e totalmente mediatici) che si può anche solo pensare di contrastare efficacemente il fenomeno mafioso.
Probabilmente, i responsabili dell’omicidio alla notizia si saranno fatti una risata: conoscono il territorio molto meglio delle nuove unità aggiuntive messe là a scopo dimostrativo. Del resto, già con il siluramento di Gratteri alla giustizia si era capita l’aria che tirava sul fronte della lotta la mafia.
Ma la domanda vera è: ma affinché le istituzioni si diano da fare veramente nella lotta alla mafia deve prima morire un bambino di 3 anni?
Ai posteri l’ardua sentenza.