Casi del genere si sentono in questi mesi di case di accoglienza per persone disabili o anziane che divengono teatri di inumanità, di brutalità e di sevizie? Sono tante le azioni intraprese dalle Forze dell’Ordine riportate dai giornali e dai telegiornali contro questi miseri aguzzini, sfruttatori della debolezza fisica e psichica di tanti ragazzi e ragazze e delle loro famiglie.
Ma quando queste cose avvengono nella tua città, in un posto che hai visto tante volte, passeggiandovi accanto con i propri amici o in macchina, esse assumono una tinta ancora più fosca e in un qualche modo ti senti sporcato come se fossero accadute a una persona a cui vuoi bene e di cui conosci a fondo il dolore e le sofferenze.
Mi domando davvero quando ascolto notizie di questo genere quale sia il senso di tanta brutalità, quale sia la ragione che spinge uomini e donne che hanno scelto di dedicarsi al servizio di persone colpite da disabilità a comportamenti così squallidi e criminali.
Essere un educatore, stare a stretto contatto con ragazzi autistici dagli otto ai venti anni non è cosa semplice ma quando si sceglie di intraprendere quella stupenda e difficile strada di accoglienza e aiuto verso un disturbo sempre più frequente e di cui spesso si ignora la gravità bisogna capire che davanti non si ha una persona che soffre soltanto di autismo ma che soffre soprattutto per il mondo in cui viene trattata. E trattare degli esseri umani denudandoli, strattonandoli, riprendendoli per il cappuccio delle felpe e rinchiudendoli in una camera di contenimento dalle accoglienti mura azzurrine e dal parquet non è da professionista, non è da educatore, è da criminale.