Il giorno dopo la conferenza del #passodopopasso (per la cronaca, slogan rubato ad Antonio Bassolino dei tempi d’oro), arriva una notizia che in un paese occidentale cosiddetto normale (e noi non lo siamo) avrebbe scatenato un terremoto politico: il Capo dei Capi di Cosa Nostra, Totò Riina, responsabile delle peggiori stragi dell’Italia contemporanea, rivela che il già tre volte Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi versava alla sua organizzazione criminale 250 milioni di vecchie lire ogni sei mesi.
Una notizia del genere in Gran Bretagna o negli USA (paesi tanto cari all’attuale inquilino di Palazzo Chigi) avrebbe scatenato un’ondata di indignazione tale che la carriera politica del suddetto sarebbe finita seduta stante. In Italia, invece, non solo non succede niente e i giornali danno la notizia come se fosse una cosa normale, ma il Partito Democratico (quello che, tra grosse risate, due mesi fa celebrava Enrico Berlinguer come parte della propria storia) e il suo leader non si pongono minimamente il problema e lo promuovono a padre costituente (un vizio antico della Sinistra che Renzi aveva promesso di estirpare), riformando la Costituzione e, già che ci siamo, anche la giustizia.
L’Italia avrà anche cambiato suonatori, ma la musica mi pare sempre la stessa. E in tutto ciò si è scoperto che avevano ragione i gufi: non a caso, nelle civiltà più evolute, erano venerati e rispettati come simbolo di saggezza e preveggenza. In Italia no. E si vedono i risultati.