Una volta era considerata il fiore all’occhiello del buongoverno di Sinistra. Oggi invece l’Emilia-Romagna è diventata l’incubo del Partito Democratico: non bastava la condanna in appello di Vasco Errani, che lo ha spinto a lasciare la guida della Regione che amministrava oramai dal 2000. Ci mancava pure la doppia iscrizione nel registro degli indagati per peculato dei due principali competitors alle primarie, Matteo Richetti, renziano della prima ora, e Stefano Bonaccini, ex-bersaniano folgorato da Renzi dopo la Caporetto del 2013.
Richetti ieri a mezzogiorno non aveva presentato le firme a sostegno della candidatura e in molti non capivano il gesto: poi è arrivata la notizia del fattaccio e molti alle conclusioni ci sono arrivati da soli. Lui però ha precisato che lo ha fatto per mantenere l’unità del partito. Guarda caso, ha aspettato l’ultimo secondo: no, non è convincente. E comunque, avrebbe fatto molta più bella figura a dire che non correva più per via dell’indagine: non c’è nulla di male ad essere coerenti fino in fondo (dicono di ispirarsi ai democrats americani, ma lì basta un avviso di garanzia per ottenere le dimissioni immediate da qualsiasi carica pubblica).
Bonaccini invece si è messo a disposizione dei magistrati, ma non si ritira. Almeno per il momento. In fondo, la storia è piena di archiviazioni che hanno dimostrato la totale estraneità ai fatti contestati: il problema vero è che per arrivare all’eventuale archiviazione ci si mette sempre troppo, e non certo per colpa dei magistrati, ma dell’iter processuale (si spera che lo cambino per davvero, ma non sembrano molto per la quale). E quindi? E quindi abbiamo un problema: perché posto che fino a sentenza definitiva son tutti innocenti, il sospetto che il futuro governatore della Regione possa essere condannato per peculato danneggia gravemente le istituzioni e porta il cittadino a ritenere la politica sempre e solo una cosa sporca.
E questo anche a danno degli ottimi amministratori che ogni giorno cercano di migliorare la comunità in cui vivono. Affrontare la Questione Morale è essenzialmente questo: tutelare il buon nome delle istituzioni, per impedire che prendano corpo e consistenza discorsi contro le istituzioni stesse. Non c’è bisogno, per risolverla, del terzo grado di giudizio: servirebbero dei buoni anticorpi fondati su buon senso e civismo.
Il primo, per evitare figuracce, sarebbe favorire la rotazione degli incarichi: si evitano tante magagne e rendite di posizione, nonché eventuali comitati d’affari. Il secondo, molto banale, è quello di non candidare persone indagate: perché se è vero che son tutti innocenti fino al terzo grado, se poi però si viene condannati, il partito e le istituzioni ci fanno una pessima figura. Del partito anche chissenefrega, ma le istituzioni vanno salvaguardate. Anche perché se uno è innocente non ha nulla da temere: una volta incassata l’assoluzione, può tornare a far politica e prenderà più voti di prima.
Per questo motivo Bonaccini dovrebbe fare un passo indietro, anche se molto probabilmente non lo farà. Eppure sarebbe un gran bel gesto, molto “berlingueriano”. Al di là di tutto questo, sembrano profetiche le parole di Renzi di domenica alla festa nazionale di Bologna: “Avete fatto un casino”. Stai sereno, Matteo: a giudicare dalle premesse, “the best is yet to come” (cit. Obama).