Ogni generazione si distingue per alcuni tratti fondamentali. La caratteristica principale della nostra, nata sulle macerie del Muro di Berlino e cresciuta su quelle delle Twin Towers, è il nichilismo: basta fare due passi in giro per accorgersene. Nelle scuole e nelle università, nelle piazze e sui social network sembra dominare una generale rassegnazione alle sorti di un periodo storico che rischia di essere archiviato solo come una delle tante crisi che il capitalismo ha conosciuto da quando esiste, quelle che certi economisti considerano fisiologiche. Lo saranno per il mercato e la finanza ombra, non certo per chi vive ordinariamente la propria vita, con tanti progetti in testa e pochi mezzi per realizzarli.
Il rifiuto generale dei modelli sociali, politici ed economici che fino ad ora ci sono stati propinati è condivisibile in sé. Non si può dire altrettanto per le conseguenze di ciò: prima tra tutte il populismo. L’avanzata in Europa dei partiti di destra (dall’Ukip di Farage agli ungheresi dello Jobbik) rischia di compromettere seriamente l’unione dei popoli del nostro continente in nome di stupide pretese nazionalistiche. Vecchiume, insomma.
Il fatto che in Italia si sia affermato il M5S, che rifiuta categoricamente di collocarsi a destra o a sinistra, non cambia molto le cose. In un momento nel quale gli ideali politici sono in crisi, rifiutarli del tutto sarebbe una pena capitale. Abbiamo bisogno invece di restituire valore alle ideologie, trovando nuove parole e vie inedite per trasformarle in fatti. Solo così potremo vincere l’inerzia, credendo in qualcosa che non è un dogma né un’utopia: la democrazia nella sua forma compiuta, che comprenda anche l’uguaglianza economica e la giustizia sociale, oltre che la libertà politica. La demagogia, che per sua natura approfitta del malcontento popolare, può solo trarre forza dal declino e dalla corruzione. Ciò basta a rivelare tutta la sua malafede: la storia insegna, specie quella compresa tra le due guerre mondiali.
Ma anche la via populista nel nostro Paese sta perdendo forza. Alle ultime europee il gradasso hashtag grillino #vinciamonoi si è trasformato nel più mite #vinciamopoi e l’astensionismo, rispetto alla tornata elettorale del 2009, è aumentato del 7,5%. La correlazione tra i due fatti è presto detta: continua a dilagare la convinzione che il modo migliore per esprimere il proprio dissenso sia il totale disinteresse a ciò che accade intorno a noi. Questo fa paura.
Dobbiamo capire che la politica non è un hobby che si può scegliere di coltivare, smettendo di farlo quando i risultati ottenuti dal nostro impegno non sono all’altezza delle aspettative. Non curarci della cosa pubblica può solo peggiorare la vita dei cittadini, dal momento che in democrazia non esistono controllati e controllori, ma maggioranza e opposizione. E se la critica costruttiva dell’opposizione rinuncia al suo ruolo, qualunque sia il partito al governo, la libertà stessa rischia di morire.
Per questo motivo la politica è il dovere morale più alto che ci sia. Esso è rivolto a tutti, senza alcuna distinzione, ma deve avere un valore più forte proprio per noi, che stiamo pagando il prezzo più alto della globalizzazione selvaggia e della speculazione. È un imperativo rivolto specialmente a voi, coetanei che avete perso la fiducia nel futuro: anch’io reagirei ugualmente, se non pensassi che negli ultimi anni abbiamo avuto la conferma del fallimento totale del sistema capitalista. Uniamoci e cerchiamo insieme ideali innovativi, perché i nostri nipoti non debbano rivivere la nostra stessa situazione. È rivolto a voi, che ricoprite posizioni di potere e ci rimproverate di essere “bamboccioni”: Pertini diceva che
“i giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo.”
Se non siete disposti ad offrirceli, lasciate spazio a noi. Avete fallito totalmente, ma almeno ci avrete guadagnato in dignità. Ma è rivolto specialmente a voi, vittime delle disuguaglianze di ogni tipo: date fiducia alla nostra generazione. Vogliamo combattere la povertà, l’emarginazione e l’avidità del sistema, perché tutti gli esseri umani siano finalmente davvero uguali. Perché non è vivibile un mondo che si divide in sfruttatori e sfruttati.