Avreste sempre voluto conoscere la storia del PCI ma non avete mai trovato il tempo o uno strumento che potesse illustrarvela in modo chiaro e appassionante?
Il libro che fa per voi è, senza dubbio, la Storia del PCI di Giorgio Galli che, insieme all’opera di Paolo Spriano, si configura come la più completa ricostruzione relativa alle vicende del più grande partito comunista d’Occidente. Giorgio Galli, come è noto, è uno dei più grandi politologi italiani; docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano, è anche uno dei più grandi esperti della storia dei partiti.
La prima differenza tra la sua Storia del Partito Comunista Italiano e quella di Spriano riguarda l’arco temporale, nel senso che mentre la ricostruzione di Spriano si interrompe agli anni Settanta, Galli descrive, invece, tutta la storia del PCI fino alla svolta della Bolognina e alla trasformazione del partito nel PDS. La seconda differenza riguarda, invece, il metodo. Mentre Spriano ha un approccio più storico, Galli, che è un politologo, ha un approccio più sociologico il che non significa che la sua storia non si fondi su un accurato lavoro documentaristico d’archivio, ma egli predilige, nella sua analisi, il rapporto tra il partito e le grandi trasformazioni economico-sociali che hanno caratterizzato la storia italiana dal 1921, data di nascita del PCI, al 1991, anno de suo scioglimento, al fine di cogliere gli elementi di continuità e quelli d’innovazione all’interno del partito stesso.
La storia del PCI di Galli si divide in 4 sezioni che ci permettono di analizzare l’evoluzione del partito comunista lungo tutto l’arco temporale preso in considerazione. Nella prima, intitolata Il processo di formazione, l’autore descrive accuratamente le dinamiche che portarono nel 1921 alla scissione del Partito Socialista Italiano e alla nascita del Partito Comunista D’Italia, soffermandosi in particolar modo sul processo di “bolscevizzazione del PCI” e sulle lacerazioni che immediatamente ebbero luogo all’interno del nuovo partito con il conseguente avvicendamento tra Bordiga e Togliatti alla segreteria.
Nella seconda sezione, Gli anni dell’esilio, Galli ricostruisce tutta l’attività clandestina del Partito Comunista durante il periodo del fascismo e della seconda guerra mondiale, soffermandosi in particolar modo sui rapporti tra il partito e le altre forze della Resistenza.
Nella terza parte, Il Partito di Massa, egli descrive, invece, l’evoluzione del PCI nel periodo immediatamente successivo alla guerra, allorquando il Partito Comunista svolge un ruolo cruciale nella formazione della Repubblica Italiana, nel processo di pacificazione nazionale e nell’elaborazione della Costituzione. Pur collocandosi all’opposizione e mantenendo un atteggiamento molto duro e critico contro il sistema borghese e capitalistico, rappresentato dalla DC e dai suoi interessi economici e clientelari, il PCI inizia proprio in questo periodo a percorrere una nuova strada, quella che Togliatti stesso definì la “terza via per il socialismo” e che lo porterà a radicarsi sempre di più come un partito democratico all’interno del quadro istituzionale italiano.
La quarta parte, Nel bipartitisimo imperfetto, descrive, infine, l’evoluzione del PCI dalla morte di Togliatti fino allo scioglimento. In tale sezione, la parte più corposa del libro è riservata alla segreteria di Enrico Berlinguer, di cui Galli analizza il tentativo di rinnovamento del partito alla luce dello “strappo” con Mosca.
Quest’opera si configura, quindi, come un punto di riferimento fondamentale e imprescindibile per chiunque voglia documentarsi sulla storia del comunismo italiano, una storia da cui traspare, leggendo il libro, l’integrità che la politica del PCI incarnava. Il Partito Comunista non era certo esente da lacerazioni, discussioni e anche errori ma, come emerge da quest’opera, era il depositario di una passione politica, di alti valori e ideali che, lasciatemelo dire, non trovano più riscontro nella politica di oggi, tanto meno in quei partiti che dovrebbero costituirsi come gli eredi del PCI. Leggendo questo libro si ha dunque come un senso di nostalgia perché ci si rende conto che qualcosa di prezioso è andato perso, che alti valori e ideali, come le lotte a favore dei più deboli, degli ultimi, degli operai, che il PCI fieramente incarnava, si sono irrimediabilmente annacquati in una politica dove prevalgono solo gli interessi personali e gli egoismi dei singoli.