Beppe Grillo ha la particolare capacità di recuperare il meglio dello stereotipo sul fenomeno mafioso prodotto in 150 anni di Unità d’Italia e di riproporlo al popolo bue che lo assorbe e lo ripropone poi in molteplici forme al bar, per strada, nelle piazze. Già in passato aveva detto che la Mafia era meglio dello Stato (per la gioia dei mafiosi, che fondano la propria legittimità sociale proprio sulle mancanze dello Stato; piccolo particolare: è la Mafia che si infiltra nello Stato e non lo fa funzionare). Ieri, in piazza a Palermo è andato oltre, superando se stesso: “La mafia è stata corrotta dalla finanza, prima aveva una sua condotta morale“.
Giù applausi dal popolino, che al mito della vecchia mafia buona crede ancora. E’ un peccato che Mafia e Finanza (o meglio, Capitalismo) vadano a braccetto sin dallo scandalo del Banco di Palermo, che portò tra l’altro al primo omicidio eccellente della storia d’Italia: quello di Emanuele Notarbartolo, già sindaco di Palermo e direttore generale del Banco, che aveva denunciato le ruberie dell’allora deputato e amico degli amici dell’Isola, Raffaele Palizzolo. Era il 1° febbraio 1893.
Ma è un peccato che la stragrande maggioranza dei familiari delle vittime di Cosa Nostra precedente alla “quotazione in borsa” (i capitali mafiosi viaggiano per i mercati finanziari dalla fine degli anni ’70, cfr Sindona e Calvi) siano morti: Grillo avrebbe potuto così dire davanti a loro che la Mafia fino agli anni ’80 aveva una sua morale.
Avrebbe potuto dirlo al processo per la morte di Salvatore Carnevale, uno dei centinaia di sindacalisti uccisi da Cosa Nostra tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e gli anni ’50 che lottavano per l’assegnazione delle terre come da legge dello Stato, dove la povera madre lasciata sola si costituì parte civile grazie a Sandro Pertini, che prestò assistenza giuridica gratuitamente, mentre dall’altra parte i mafiosi venivano difesi da Giovanni Leone, in un processo che anticipava le vicende d’Italia di un ventennio dopo. Ovviamente i mafiosi vennero tutti assolti per mancanza di prove.
O ai sopravvissuti della Strage di Portella della Ginestra, ai familiari di Cesare Terranova, di Pietro Scaglione, di Boris Giuliano (per citarne alcuni, rimando a una lista più dettagliata qui). La morale della Mafia prima dell’abbraccio con la “Finanza” era fatta di centinaia di omicidi, estorsioni, minacce, devastazione del territorio (cfr il Sacco di Palermo), nonché dal sistematico inquinamento della vita democratica dei paesi dove era presente.
Perché come disse Rocco Chinnici, anche lui ammazzato (ma dalla “mafia corrotta”, stando alla cronologia di Grillo), “la mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e quindi accumulazione della ricchezza. Prima era il feudo da difendere, ora sono i grandi appalti pubblici, i mercati più opulenti, i contrabbandi che percorrono il mondo e amministrano migliaia di miliardi. La mafia è dunque tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza.”
Se per Grillo tutto ciò è “morale”, nel senso di “buono”, mi permetto di dirgli che allora è assolutamente identico a tutti quelli che dice di voler mandare a casa e che hanno malgovernato e continuano a malgovernare l’Italia: questa idea della Mafia buona, dove giusto vi è qualche scheggia impazzita, è la tipica rappresentazione democristiana contro cui si sono battuti i Pio La Torre, i Dalla Chiesa, i Falcone e i Borsellino. Dire che la Mafia ha avuto una morale è un insulto a tutte le vittime di mafia, di ieri e di oggi, e non c’è satira o comicità che tenga.
Per me la Mafia era, è e sarà sempre una montagna di merda.