#Regionali, 60 a 40 (per gli astenuti). E il PD perde 769mila voti

Francamente trovo quasi ridicolo il tweet al caldo di Matteo Renzi, che esultava per la “vittoria netta” in Emilia Romagna e in Calabria, che fra qualche settimana verranno governate rispettivamente da Stefano Bonaccini e da Mario Oliverio. Comprendo benissimo che per l’ideologia renziana contano le poltrone e i posti di potere che si occupano, ma a un leader di un partito che almeno nell’aggettivo si definisce “democratico” dovrebbe interessare anzitutto la qualità della democrazia nel sistema politico in cui agisce.

La qualità di una democrazia si misura anzitutto con il tasso di partecipazione alla vita democratica dei cittadini: in una regione che è stata definita da più parti per decenni l’avanguardia del buongoverno del centrosinistra, un’affluenza del 37,67% (contro il 59,26% della precedente votazione) dovrebbe essere un dato preoccupante, soprattutto alla luce del fatto che Bonaccini, già segretario regionale bersaniano poi passato armi e bagagli con Renzi, non ha nemmeno superato il 50% dei votanti (si è fermato al 49,05%). E rispetto alle Europee di giugno, il PD perde 677.283 voti (che diventano 769.336 in totale, contando anche la Calabria).

In compenso, la Lega “asfalta” Forza Italia e Beppe Grillo, arrivando a percentuali di consenso mai raggiunte in Emilia Romagna, una regione appunto “rossa”: a destra si polarizzano voti su una forza estremista e il PD vince solo grazie agli astenuti, che sono largamente il primo partito. Esultare per la vittoria, quindi, è demenziale: anzitutto perché i cittadini restando a casa hanno espresso un malessere profondo per un sistema che non condividono più.

Sacrificare sempre più ampie porzioni di rappresentatività in nome della governabilità diminuisce, generalmente, il tasso di partecipazione dei cittadini: lo si vede bene negli USA, dove la soglia del 50% dell’elettorato è stata superata solo con le elezioni del 2008, quando Obama incarnava un potenziale di cambiamento molto alto. Qui però non è nemmeno tanto un problema di rappresentatività, ma di rappresentanza, gli elettori non si sentono più rappresentati da nessuno, il che vuol dire che considerano gli attuali partiti la stessa cosa (e in quella stessa cosa ci mettono anche il Movimento Cinque Stelle, che altrimenti avrebbe dovuto intercettare larga parte degli astenuti). E dire che alle elezioni regionali la preferenza si può esprimere e, quindi non è nemmeno un problema di liste bloccate.

Al centro di questo degrado c’è la Questione Morale: una questione che, benché Renzi dica di avere tra i suoi numi tutelari Enrico Berlinguer, non è minimamente nell’agenda di governo. E non c’è bisogno di grandi analisi elettorali per capire che aveva ragione Berlinguer quando diceva che:

Affrontare la questione morale è una condizione ineli­minabile per poter proporre e fare accettare una politica severa e di risanamento finanziario. Ciò implica, innanzitutto, correttezza e onestà dal verti­ce alla base di tutta la vita pubblica. Ha detto Norberto Bobbio che la prima riforma istituzionale consiste nel non rubare. Ma la questione morale si è aperta in Italia perché gli interessi di partito sono divenuti così predominanti da coz­zare contro gli interessi generali del paese. Questo è lo stato di cose da cambiare per evitare una rivolta (che sta maturan­do) contro tutti i partiti, che ne colpirebbe la funzione es­senziale e legittima, e che porterebbe perciò a pericoli per il nostro regime democratico. (Dalla relazione al XVI Congresso del Pci, 6 marzo 1983)

E, sempre per usare le sue parole, “se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude“. Ed è quello che sta succedendo. Ora, si può esultare per le poltrone conquistate (che sazieranno, si spera, i famelici appetiti degli apparati), ma non si può far finta che non sita succedendo niente, che vada tutto bene, che non ci sia nulla di preoccupante.

Perché nella palude ci siamo già: sarebbe il caso di provare ad uscirne fuori, arginando per altro l’avanzata dell’estrema destra in Italia (il M5S oramai ha buttato al vento tutta la sua credibilità politica e non è più considerato un interlocutore serio). A Sinistra si sono aperte praterie, come dimostra il dato dell’affluenza. Cosa aspettiamo a dare ai “senza partito” un partito nuovo, aperto, di Sinistra e che non balbetti come il PD su questioni fondamentali come la Questione Morale?