Samantha #Cristoforetti e l’#ignoranza dell’italiano medio

Da lassù la Terra deve essere fantastica, Samantha, «senza frontiere né confini», come disse il primo uomo ad attraversare l’esosfera e a raggiungere lo spazio cosmico.

Yurji Gagarin disse che da lassù lui non vedeva nessun Dio, e in tanti, sconvolti dal fatto che nelle immagini dalla Soyuz appaiano icone sacre ortodosse. Che tu creda o no in una divinità o in molte o in nessuna, Samantha, a me non interessa.

Quello dello spazio è un traguardo che l’umanità da sempre ambisce a raggiungere e la nostra corsa verso di esso è iniziata da appena un settantennio. Tutti i più grandi filosofi hanno guardato al cielo, scoprendovi da sempre ordine – il kòsmos, per gli antichi Greci, oltre a ordine identificava lo spazio, da cui la parola “cosmetica” – e addirittura, come nel celebre motto kantiano, legge morale («Il cielo stellato sopra di me, la leggere morale dentro di me», dice il filosofo di Königsberg).

E lo spazio è stato terreno di sfida fra le due superpotenze della Guerra Fredda, USA e URSS. Dominare lo spazio, colonizzare pianeti, atterrare sulla luna significava essere superiori al mondo intero. L’eredità del cosmismo di Ciolkoviskij – celebre per la frase «La Terra è la culla del genere umano, ma non si può vivere per sempre in una culla!» – si sentì tutta durante il periodo della corsa allo spazio, e in particolar modo in Unione Sovietica, dove la propaganda realizzò stupendi manifesti che esaltassero le gesta dei cosmonauti, soprattutto dei due che per primi raggiunsero l’etere: Gagarin, come detto in precedenza, e Valentina Tereshkova.

Il primo, celebre appunto per essere stato il primo essere umano a rimanere in orbita, vi è stato per un’ora e quarantotto minuti. Valentina Tereshkova, due anni dopo Gagarin, restò sullo spazio per quasi tre giorni. Rimase da sola, per tre giorni nello spazio: un tempo enormemente maggiore rispetto a quello del compatriota Gagarin e sicuramente non di poco conto, viste le tecnologie allora in dotazione per quei tempi. Eppure, oggi, a distanza di cinquantaquattro anni dall’impresa di Tereshkova, molti uomini italiani, figli della più becera cultura nostrana, non hanno fatto altro che versare liquame sulla loro prima compatriota nello spazio: c’è chi la definisce brutta, chi invece le dà molto tranquillamente della stupida, chi afferma con tutta franchezza che una donna sulla Stazione Spaziale Internazionale serve a cucinare, lavare e stirare, chi invece dice che oltre a essere inutile la sua impresa, è inutile che si sottolinei il fatto che sia una donna. Leggo, in un articolo – scandaloso – di Selvaggia Lucarelli su Liberoquotidiano.it, un tale “emigratoinfelix” che scrive:

«Vorrei sapere quanto e’ costatomandarla nello spazio, se potevamo permettercelo con questa situazione di crisi e soprattutto se con quei soldi, tantissimi, credo, non sarebbe stato piu’ giusto tentare di realizzare i sogni di tanti giovani invece che quello di samantha con l’acca.»

Ecco, quando affermo che la crisi di questo Paese – oltre a riassumersi nella differenza fra accento e apostrofo, visto che non mi pare che fra i vari tagli impostici in questi anni di crisi ci sia quello alle tastiere dei nostri PC e smartphone – sia soprattutto sociale e culturale, molti mi guardano strano. Il populismo da campetto da calcio si fonde all’esigenza reale di dare una prospettiva lavorativa alle grandi masse di giovani spaesati e abbandonati. Tutto questo genera ignoranza, un’ignoranza che non provo neanche a giustificare, anche se i presupposti, se si vuole affrontare questa questione con superficialità, ci sarebbero. Vedere milioni e milioni di euro orbitare per una persona disperata può sembrare un insulto alla propria disumana condizione di cassaintegrato, disoccupato, precario, richiedente lavoro…

Il progresso scientifico e tecnologico viene affrontato dai più come un inutile quanto scandaloso investimento sul nulla, come se la missione di Cristoforetti e delle altre donne e uomini in orbita intorno alla Terra sia una pura e personale glorificazione. Eppure mi risulta strano pensare che in un Paese che vuole sempre ricordare il suo apporto pioneristico alle scienze e alla tecnologia si sia diffuso il pensiero che il progresso sia una spesa. Mi aspettavo, invece, il disgusto generale per il fatto che la guerra viene ancora considerata come un investimento, e non come una spesa – e questa cosa ce la affermava Kant nel suo saggio ‘Per la pace perpetua’ -, visto che il governo ha appena acquistato due F-35 dal costo di 100 milioni di euro l’uno. Poi che i nostri lungimiranti e asserviti governanti vadano a stracciarsi le vesti e a leccar le suole a Strasburgo dal capo di Stato della Città del Vaticano, giusto per farsi fotografare vicini a lui…

Insomma, quello che sarebbe dovuto essere un momento di gioia collettiva per il successo di una italiana si è trasformato in una fiera ridicola, maschilista e ignorante del sospinto sentimento nazional-popolare di vedersi con la pancia piena ma con il cervello vuoto, o infarcito di scempiaggini. Forse, al ritorno dalla sua missione, Samantha dovrà sorvolare anche su questo vuoto cosmico.