Durante la performance televisiva a Ballarò di Alessandro Di Battista, uno dei cinque “vice” nominati da Grillo (con tanti saluti alla cosa del “uno vale uno” e delle elezioni sul portale), pare che il front-runner grillino, ex-catechista, ha dichiarato che le sue parole sull’Isis sono state “parzialmente riprese” da Papa Francesco.
Il Papa, in realtà, a Bruxelles ha detto: “Io non do mai per persa una cosa. Non so se si può dialogare con lo Stato Islamico, ma io non chiudo mai una porta. La mia porta è sempre aperta. […] Il terrorismo è una realtà e anche una minaccia ma anche la schiavitù è una realtà inserita nel mondo di oggi: il lavoro schiavo, la tratta, il commercio dei bambini. E’ un dramma, non chiudiamo gli occhi […] fermare l’aggressore […] è giusto con il consenso internazionale. Nessun Paese ha il diritto da solo di fermare un aggressore“.
Ora, quando le proprie parole vengono riprese da qualcuno, di norma si cita l’autore: non ve n’è traccia nel discorso di Bergoglio, anche perché Di Battista scrisse una cosa un po’ diversa, mesi fa:
Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell’era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E’ triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto ne giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un’azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore.
Al di là della polemica infinita che scatenò il post (si può o meno concordare), lo stesso Di Battista aveva mostrato decisamente un po’ più di umiltà nemmeno una decina di giorni fa, quando, in un post pubblicato su Facebook, si era limitato a dire che il Papa, sullo Stato Islamico, la pensava come lui. Peccato che due mesi dopo l’articolo tanto contestato fosse arrivato il dietro-front da parte di Dibba in persona: “Il post sulla necessità di trattare con l’Is? Ma io pensavo ad Hamas. La prossima volta specificherò meglio“, aveva chiarito.
Una domanda, quindi, a Dibba: si riferiva all’Isis o ad Hamas?