200 secondi, 70 persone: è il video “Eutanasia: il parlamento si faccia vivo” dell’Associazione Luca Coscioni che chiede al parlamento italiano di discutere la proposta di legge di iniziativa popolare depositata nel 2013.
Le persone per bene della morte non parlano. Non fanno le foto col telefonino. Coprono col lenzuolo i cadaveri per rispettarne la privacy. Inveiscono contro la tv spazzatura che fa pornografia della morte. Le persone per bene sanno discutere di bioetica e hanno sempre qualcosa di intelligente da dire al popolo sulla sacralità della vita.
Poi ci sono le persone per male, come me. Le persone per male credono che la morte non sia affare pubblico, ma sia affare umano e che perciò ogni essere umano abbia facoltà di guardarla, pensarla e affrontarla come meglio crede. Chi sulla morte altrui non ha alcun diritto è lo Stato, quello fatto dalla gente per bene. Non ha diritto né a darla né a negarla. Eppure la gente per bene pensa di sapere quando è giusto morire e quando invece è meglio aspettare. Per gli altri, s’intende.
Ci sono ben altre priorità nel Paese! Diranno le persone per bene. Ma non è certo colpa di chi convive coi soprusi di una cultura bigotta e autoritaria se la santa alleanza PD-PdL sta affossando quel poco che resta di buono in Italia. Sono passati più di dieci anni, eppure ricordo gli ultimi momenti di vita di mia nonna come se fosse ora. Mia nonna era una donna forte, nata mentre scoppiava la guerra (la prima), cresciuta senza una madre, abituata alla dura vita contadina. Se n’è andata urlando di dolore, col fisico ormai assuefatto alla morfina e, mentre la sentivo urlare come una bestia al macello, pensavo che quella donna tenacie e intelligente che per me e per me soltanto aveva trasformato in un gioco la vita di campagna, se n’era già andata da molto tempo, agli albori della malattia, quando era diventato impossibile per lei dormire o camminare decentemente. Mi ricordo quando, nonostante le raccomandazioni di mia madre, chiudeva a chiave la porta del bagno cercando di preservare quell’unico momento intimo che ci è concesso. Una piccola vittoria sulla malattia che le aveva tolto tutto. Non so se mia nonna volesse morire, non gliel’ho mai chiesto. Nessuno gliel’ha mai chiesto.
Nessuno chiede mai a nessuno se vuole morire. Sarebbe la cosa più semplice da fare. Invece alle persone per bene piace pensare che sia una domanda inutile, perché loro conoscono già la risposta ed è quella che va bene per tutti. Il problema non è il vescovo o il politico di turno. Il problema è che da troppo tempo non riusciamo più a pensarci come individui e deleghiamo tutto della nostra esistenza a chi ci comanda, in cambio dell’illusione del benessere. Un benessere che però non abbiamo più.
Ecco perché a maggior ragione ora, è arrivato il momento di parlare di eutanasia in Italia. Ora che chi ci comanda ha fallito, oggi che non abbiamo lavoro, istruzione e salute, ora che la democrazia rappresentativa è in crisi nerissima è tempo di riprendere il pieno controllo del nostro corpo. Non è vero che a queste cose ci si pensa quando si ha la pancia piena: è proprio quando la politica ci porta alla fame che dobbiamo mettere in discussione ogni suo potere, inclusa la facoltà di decidere fino a che punto per un uomo o una donna è lecito vivere. In Italia, si dice nel video, si rischiano fino a 15 anni di carcere se si aiuta un essere umano a morire con dignità, magari evitando che si butti dal quinto piano, come fece Mario Monicelli. Onorevoli parlamentari, permettete allora che vi faccia una domanda anch’io: chi è il vero criminale?