In questa settimana, 10 anni fa, moriva Rocky Roberts, cantante e persino attore statunitense.
La sua carriera inizia come pugile, e termina presto a causa di un brutto colpo preso all’occhio, che lo costringe, da allora, ad utilizzare sempre un paio di occhiali scuri. Prosegue come militare, in cui però emerge il suo talento artistico, diventando parte nella band della portaerei americana cui era stato assegnato. La sua popolarità aumenta poi in Francia, in cui riesce ad ottenere ottimi riscontri, e sfocia in Italia, in cui viene notato da una coppia di talent scout capace solo di sfornare talenti: Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Il mio istinto mi porterebbe a soffermarmi, in questo momento, su questi due personaggi che ognuno di noi dovrebbe ringraziare per il contributo che sono riusciti a dare alla cultura, Arbore in particolar modo. Ma non è di loro che sto parlando.
Sto ricordando un cantante per me quasi sconosciuto e che, come tutti voi, ricordo solo per due canzoni. Però questo è uno dei vantaggi dell’essere curiosi, e anche della scrittura in se. Spesso, curiosando appunto, ti accorgi che esistono storie e personaggi-con-storie belle, fortunate e a lieto fine. Quella di Rocky Roberts mi ha colpito molto. Che fortuna!