I primi passi di Tsipras in Grecia appartengono a quella specie di notizie che, una volta tanto, mettono il sorriso. Adesso si sente nell’aria quella curiosità un po’ voyeur nei confronti dell’affascinante leader che ha dichiarato guerra a Bruxelles, non fosse altro che per il suo aspetto giovane ma non scanzonato, cosa rara in Italia, dove chi non ha i capelli grigi è considerato un novellino o un incapace (anche se a volte è vero). Ma, a parte le cronache da rotocalco, il successo di Syriza ci spinge a chiederci se anche la sinistra italiana sia in grado di fare qualcosa del genere. Qualche settimana fa allo Human Factor di Milano si è visto qualcosa di interessante: varie anime e personalità che si incontrano, discutono, delineano un progetto unitario. La speranza è che non si risolva tutto in una bolla di sapone. Fa bene Fassina a sottolineare che la brutta fine del Pasok potrebbe essere anche quella degli altri partiti del socialismo europeo che ancora si ostinano ad appoggiare le politiche di austerity. Il riferimento può essere ricondotto anche al Pd. Nonostante Renzi avesse annunciato fuoco e fiamme in occasione del semestre italiano alla Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, tutto sembra essere rimasto come prima.
Intanto la minoranza dem non si sbilancia, tentenna, afferma di voler lottare dall’interno. E questo è giusto. Ci sono delle belle personalità nel manipolo dei dissidenti democratici. Tra gli altri, Cuperlo: serio e posato, uno dei pochi a credere ancora nella politica dei “pensieri lunghi”. Oppure Civati, sebbene di matrice un po’ troppo liberale. Ma mi chiedo fino a che punto sia possibile combattere all’interno di uno spazio nel quale stanno pian piano confluendo le vecchie forze del centro-destra berlusconiano, attratte da un cesarismo che non lascia spazio a critiche e liquida Cofferati sostenendo che non sappia perdere. Anzi, quando uno come lui (che il Pd lo ha visto nascere tra le proprie mani) abbandona il proprio partito, è d’obbligo chiedersi se gli ideali e la missione di quel progetto nato dall’unione delle ideologie progressiste siano ancora intatti. E se non lo sono più bisogna cercare un’alternativa.
La Syriza italiana, (chiamiamola Su, Sinistra unita) è proprio ciò che manca? Pensiamoci. Al posto delle piccole e frammentate entità che non riescono ad unirsi, un vero e proprio progetto pluralistico. Una confluenza dei partiti e dei movimenti che nel 2013-’14 hanno sostenuto Rivoluzione Civile e L’Altra Europa con Tsipras insieme a Sel, insieme alla minoranza Pd. Un partito che potrebbe raccogliere il 15%, tanto per cominciare. Ma per fare ciò si ponga rimedio ai mali della sinistra italiana. Punto primo, riappacificarci gli uni con gli altri. Basta rinfacciarsi a vicenda vecchi rancori. Secondo, non pensare di avere in tasca la formula magica della vera sinistra. È a causa di questo se la famiglia rossa si è spezzata in miriadi di atolli e isolotti. Terzo, essere più aperti. Tsipras, con notevole lungimiranza tattica, è stato in grado di raggiungere un accordo di governo con i Greci indipendenti, partito di destra anti-austerità distaccatosi nel 2012 da Nuova Democrazia. Saremmo in grado di fare altrettanto qui? Temo che la paura dell’inciucio ci freni. Pochi giorni prima delle elezioni greche Giorgia Meloni ha augurato buona fortuna a Syriza, specificando di non condividere affatto le idee del partito ellenico a parte la comune avversione verso le politiche dell’Ue. Da parte di Sel è giunto un post avvelenato il quale ha specificato che “il vostro ‘sostegno’, oltre a non avere senso del ridicolo, non è gradito”. Ecco, magari questo si sarebbe potuto evitare. Il compromesso è l’anima della politica e per stare al gioco della democrazia se ne devono accettare le regole fino in fondo.
Basta con la perenne vocazione minoritaria, dobbiamo avere ambizione di lotta e di governo. Perciò è necessario, ribadisco, che essa riesca ad intercettare quella parte di elettori del Pd a cui Renzi sta scomodo. E non sono pochi. In definitiva, quali sarebbero le alternative? O si rovescia la maggioranza del Pd e si forma una coalizione con i partiti de L’Altra Europa per tenere a bada le correnti centriste, oppure, se il progetto democratico è definitivamente fallito, si crea una nuova entità vincente. Un partito del lavoro, della giustizia e dell’uguaglianza. Un partito di Sinistra.
“Punto primo, riappacificarci gli uni con gli altri. Basta rinfacciarsi a vicenda vecchi rancori.”
Col cazzo!
Ho ancora nelle orecchie le risate di Vendola nelle sue intercettazioni.
Ha venduto la puglia a don Verzé, a Riva, alla Marcegaglia.
Mentre l’ILVA era chiusa, perchè i suoi veleni ammazzavano la gente, il poeta con la tseppola minacciava la magistratura, perchè voleva che la fabbrica riaprisse e ricominciasse ad ammazzare i tarantini.
Lui lodava come esempio di innovazione l’avere un’acciaieria nel centro cittadino di una città tanto popolosa.
Lui si scambiava pacche sulle spalle con il suo assessore-affarista Alberto Tedesco.
“Terzo, essere più aperti. Tsipras, con notevole lungimiranza tattica, è stato in grado di raggiungere un accordo di governo con i Greci indipendenti, partito di destra anti-austerità distaccatosi nel 2012 da Nuova Democrazia. Saremmo in grado di fare altrettanto qui? Temo che la paura dell’inciucio ci freni. Pochi giorni prima delle elezioni greche Giorgia Meloni ha augurato buona fortuna a Syriza, specificando di non condividere affatto le idee del partito ellenico a parte la comune avversione verso le politiche dell’Ue. Da parte di Sel è giunto un post avvelenato il quale ha specificato che “il vostro ‘sostegno’, oltre a non avere senso del ridicolo, non è gradito”. Ecco, magari questo si sarebbe potuto evitare. Il compromesso è l’anima della politica e per stare al gioco della democrazia se ne devono accettare le regole fino in fondo.”
E questo e giusto.
Se per ottenere il nostro obiettivo dobbiamo allearci con la Meloni, o con Grillo, ben venga.
Preferisco il nemico leale al falso amico che ti fa una moina e poi te lo mette in quel posto.