In memoria di Tamara Bunke

Haydée Tamara Bunke Bider, meglio nota come Tamara Bunke, Tamarita, Tania la Guerrillera e, per un po’, come Laura Bauer, fu ritratta, per molti anni dopo la sua morte, come l’amante del Che, una spia della CIA e del KGB. Ma questa non è la storia di una spia doppiogiochista. Questa è la storia di una rivoluzionaria che i media e l’opinione pubblica chiamarono puttana.

L’Havana, 1961. Dei volontari stanno costruendo una scuola. Due squadre si sfidano scherzosamente nel trasporto dei sacchi di cemento. Tamara Bunke esce sconfitta dal confronto con Ernesto Guevara, detto el Che, si siede e inizia a suonare la chitarra.

Adesso sì, comandante, credo che in questo non possa proprio superarmi.

Tamara Bunke nasce il 19 Novembre 1937 a Buenos Aires, figlia di due tedeschi di Berlino, comunisti fuggiti in Argentina dopo l’ascesa del nazismo. Alla fine della guerra la famiglia Bunke si trasferisce nuovamente in Germania Est, dove Tamara impara immediatamente il tedesco (oltre al russo e all’inglese) e si iscrive alla facoltà di scienze politiche, coltivando contemporaneamente uno sconfinato amore per la musica tradizionale sudamericana e il desiderio di tornare nella sua amata Argentina.

Nel 1961 Tamara ha 24 anni e si trasferisce a Cuba, dove inizia il suo addestramento con Daniel Alarcon Ramirez, detto Benigno. Nel 1964 Tania (questo il suo nome da guerrigliera) assume l’identità di Laura Gutierrez Bauer e si infiltra nell’alta società boliviana, al punto da ottenere un lavoro presso il Ministero della Progettazione e Pianificazione. Il suo lavoro di spionaggio serve ovviamente a preparare il campo al contingente di guerriglieri che arriva in Bolivia nel 1966, cui Tania stessa si unisce nel 1967, dopo una breve parentesi in Argentina in cui coordina la partenza di alcuni volontari. Ad Aprile Tania si ammala e rimane con la retroguardia guidata da Juan Vitalio Acuña Nuñez, detto Joaquín. Alla fine di Agosto arrivano sul Rio Grande dove un contadino li aiuta, ma si tratta in realtà di un informatore delle milizie boliviane. Mentre guadano il fiume, dodici dei tredici guerriglieri della retroguardia vengono uccisi. Tra loro c’è anche Tania. È il 31 Agosto 1967 e lei non ha nemmeno trent’anni.

Poco prima della sua morte, avvenuta nel 2003, Nadia Bunke, la madre di Tania, ottiene che il libro di José A. Friedl Tania, la donna amata da Che Guevara sia rimosso dalle librerie tedesche. Si tratta dell’ultima di una lunghissima serie di illazioni e accuse ai danni della memoria di Tamara Bunke. Si disse che era una spia della Stasi, del KGB e della CIA, fu dipinta come l’amante del Che (e addirittura incinta al momento della morte) nonostante ai tempi dell’addestramento cubano si fosse innamorata e fidanzata con Ulises Estrada Lescaille, detto Negrito. Si parlò molto anche di suoi presunti rapporti sessuali con ambasciatori, consoli, militari, ministri boliviani, incluso René Barrientos. Nadia Bunke ha speso una cospicua parte della propria vita a ricostruire i giorni da guerrigliera di Tania, smontando pezzo per pezzo le accuse infamanti.

La quantità di menzogne raccontate sui rivoluzionari e gli avversari politici di tutti i governi del mondo è enorme, in tutte le epoche, ma è alle donne che si riserva sempre il sospetto di un torbido passato da ciniche meretrici. D’altronde Tamara si era presa gioco dell’intera classe dirigente boliviana per due anni, e a una donna non è concesso essere più astuta e preparata di un uomo, specialmente se quell’uomo è potente.

Tania la Guerrilliera oggi è sepolta nel mausoleo di Santa Clara, a Cuba, accanto alle ossa di Ernesto Guevara e ai corpi degli altri compagni della tragica impresa boliviana. In suo onore l’astronoma Lyudmila Zhuravlyova chiamò nel 1974 l’asteroide della fascia principale 2283 Bunke.

Nulla sarà il mio nome? Niente resterà di me sulla Terra? Almeno fiori, almeno canzoni.

Nello zaino che Tamara Bunke aveva in Bolivia furono ritrovati un taccuino, spartiti musicali e un nastro di brani folkloristici sudamericani. Chissà cos’avremmo trovato, invece, nelle impeccabili valigette di pelle di quei giornalisti e politici che la chiamarono puttana.