Un altro punto controverso della Riforma Costituzionale è quella inerente alle nuove modalità di elezione dei cosiddetti organi di garanzia, oltre all’introduzione di una novità come quella dello “Statuto delle Opposizioni“. Vengono modificati direttamente, infatti, i quorum necessari per l’elezione del Presidente della Repubblica e della quota dei cinque giudici della Corte Costituzionale spettante al Parlamento, mentre in via indiretta quelli per l’elezione dei membri laici del Consiglio Superiore della Magistratura, formalmente non toccato dalla riforma. Ecco cosa cambia.
Presidente della Repubblica
La riforma abroga il comma II dell’art.83 che prevede la presenza di tre delegati per regione (uno solo per la Valle d’Aosta) durante la sessione del Parlamento in seduta comune che elegge il Presidente della Repubblica: spariscono quindi i 58 grandi elettori regionali, anche in ragione del fatto che il futuro Senato dei 100 sarà composto per il 76% da consiglieri regionali (dell’illogicità di questa disposizione abbiamo già parlato nell’articolo ad hoc).
Il succo però sono i nuovi quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica. Con l’attuale Costituzione, per eleggere il Presidente della Repubblica sono necessari i voti dei 2/3 dei componenti dell’Assemblea, pari a circa 670 voti. Dal terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti, pari a circa 500 membri, sebbene non si sia mai giunti al caso limite (il calcolo è stato effettuato senza conteggiare la presenza di alcun senatore a vita).
Con l’eventuale nuova Costituzione, i quorum si abbassano per l’ovvia riduzione del numero dei senatori ma soprattutto dal settimo scrutinio in poi bastano i 3/5 dei votanti. Quindi, nei primi tre scrutini occorreranno i 2/3 dei componenti (489 voti); dal quarto i 3/5 dei componenti (438 voti); dal settimo in poi basterà il 60% di deputati e senatori che partecipano al voto. Questo vuol dire che in un ipotetico scenario in cui siano presenti il 50% +1 dei membri del Parlamento, condizione necessaria affinché sia presente il numero legale, l’elezione verrebbe garantita raggiungendo solo 220 voti.
Con il premio di maggioranza garantito dall’Italicum, questo significa che il partito di maggioranza potrebbe eleggere, in questa situazione ipotetica, il Presidente della Repubblica praticamente da solo.
Per riassumere:
Scrutinio | Costituzione attuale | Costituzione riformata |
I – II | circa 670 voti | circa 489 voti |
III | circa 500 voti | circa 489 voti |
IV – VI | circa 500 voti | circa 438 voti |
VII – in poi | circa 500 voti | ??? |
Corte Costituzionale
Con la riforma costituzionale e il ridimensionato del ruolo del Senato, vengono cambiate anche le modalità di elezione per i giudici della Corte Costituzionale. Con l’attuale Costituzione, cinque giudici vengono eletti dal Parlamento in seduta comune; con la riforma ne vengono eletti tre dalla Camera dei Deputati e due dal Senato. Non cambiano le regole per le elezione (2/3 dei componenti per i primi due scrutini, che scendono a 3/5 dal terzo in poi), ma cambiano ovviamente i numeri: se con l’attuale Costituzione bisogna raggiungere almeno 630 voti nei primi due scrutini, con l’entrata in vigore della riforma costituzionale ne basteranno 420 alla Camera e 67 al Senato. Dal terzo in poi, con la Costituzione vigente occorrono almeno 567 voti, con l’eventuale entrata in vigore della riforma costituzionale, ne basteranno 378 alla Camera e 60 al Senato.
Capite bene che in accoppiata con l’Italicum, che assegna 340 seggi alla Camera al partito vincitore delle elezioni, la nomina dei cinque giudici costituzionali spettanti al Parlamento può essere orientata dal Governo accordandosi appena con 38 deputati dell’opposizione. Mentre i due giudici eletti dal Senato rischiano di assumere il ruolo di “giudici delle Regioni”, introducendo un elemento di divisione all’interno di un organo la cui unità è sempre stato un punto di forza (tanto da non aver mai ammesso l’introduzione dell’opinione dissenziente).
Un’altra novità introdotta dalla riforma costituzionale è il giudizio preventivo di legittimità che viene attribuito alla Corte Costituzionale riguardo le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato, come specificato nel rinnovato art.134 comma IV che rimanda all’art. 73 comma II in cui si specifica che esso può essere presentato su ricorso motivato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato entro dieci giorni dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale deve pronunciarsi entro trenta giorni e la legge non si può considerare promulgata entro questo termine. Se la Corte Costituzionale ne dichiara l’incostituzionalità, essa non viene promulgata.
Il problema, rispetto a questa norma, è che non è chiaro se il controllo preventivo escluderà la possibilità di attivare anche un controllo successivo, come ordinariamente previsto per tutte le leggi.
Consiglio Superiore della Magistratura
Sebbene la riforma costituzionale non tocchi la parte riguardante il Consiglio Superiore della Magistratura, la diversa composizione del Senato cambia i numeri per eleggere i membri laici, ovvero quei membri eletti dal Parlamento in seduta comune. Allo stato attuale, i membri laici vengono eletti mediante una maggioranza dei 3/5 dei membri del Parlamento per i primi due scrutini e i 3/5 dei votati per i successivi. Di conseguenza, con l’entrata in vigore della riforma costituzionale sarebbero necessari solo 438 voti contro i 567 voti necessari attualmente, mentre basterebbero ancor meno voti dal terzi scrutinio in poi.
Statuto delle Opposizioni
È uno dei cavalli di battaglia dei fautori della riforma: “per la prima volta le garanzie dell’opposizione saranno messe per iscritto“. Peccato che nel nuovo art.64 della Costituzione la sua entrata in vigore è rinviata a eventuali modifiche dei regolamenti parlamentari, che verranno approvati a maggioranza assoluta (cioè, dal partito vincitore delle elezioni), senza prevedere alcun quorum minimo (ad esempio, il 50% + 1 dei deputati di opposizione) per rendere effettivamente credibile la tutela dei loro diritti. Chiunque ottenga quindi il premio di maggioranza dell’Italicum, potrà decidere quali saranno i diritti delle opposizioni, senza consultarle.